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Si può fare impresa a Reggio? L’82% sente il fiato sul collo

Il monitoraggio di Libera su condizionamenti mafiosi, vincoli infrastrutturali e servizi carenti. In tanti ancora temono condizionamenti delle ’ndrine, ma non solo Don Stamile: gli imprenditori hanno totale sfiducia nelle istituzioni

A Ecolandia il neonato spazio di incontro pubblico denominato “La nave di Teseo”, con la sala convegni “Giuseppe Spinelli”, ha fatto da cornice alla presentazione della prima indagine esplorativa di ReggioLiberaReggio. “Fare impresa a Reggio tra condizionamenti mafiosi, vincoli infrastrutturali e carenza di servizi” il titolo della ricerca condotta fra febbraio e giugno 2020 dal docente universitario Dario Musolino, con la partecipazione di 30 realtà imprenditoriali del territorio metropolitano; imprese che ben rappresentano il tessuto economico del territorio con quasi il 30% nel settore industria e costruzioni, 14% commercio, 14% turismo e ristorazione, 11% agricoltura, 32% altri servizi. Oltre la metà costituiscono microimprese e il 7% medie e grandi imprese. Uno spaccato molto interessante perché ben distribuito su tutta l’ex provincia e rappresentativo dell’economia reale.

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