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Tribunale per i minorenni a Reggio, il nuovo procuratore: "La Giustizia minorile un modello generale"

«Non esistono isole felici. “Liberi di Scegliere” ci mostra il grande potenziale giovanile»

Si è insediato ieri il nuovo procuratore del Tribunale per minorenni, Roberto Di Palma. Operativo nella funzione già dal 24 luglio scorso, Di Palma non nasconde l’emozione per questa nuova pagina umana e professionale che arricchisce la sua vita. «Il modello di giustizia minorile rappresenta il modello generale di giustizia perché incorpora alcuni passaggi fondamentali: la prevenzione e il recupero di chi ha sbagliato», dice, entrando subito nel cuore del nuovo impegno. E a quanti – e non solo colleghi – apprezzandone le qualità, scommettono è che la persona giusta al posto giusto, risponde con un sorriso. «Li ringrazio di cuore. Le idee in questi mesi non sono mancate e conto di dare loro la giusta forza nel tempo. Ma già da ora dico che la vera sfida sta nella rete tra Istituzioni e Ufficio minorile in modo che problematiche così delicate possano trovare giusto spazio ed attenzione con gli strumenti della società. Inevitabilmente – ammette – sensibilità, umanità e possibilità di reinserimento nel tessuto economico-sociale entrano in gioco. L’adolescenza è l’età della spensieratezza e della libertà e ogni processo che coinvolge un minore va considerato un fallimento per tutti. Dovrebbe essere un caso limite».

Tratto distintivo di questo nuovo impegno, dopo tanti anni trascorsi nella Procura reggina, è «il ruolo del giudice minorile a tutto tondo chiamato a raccordarsi con la società che si occupa di minori nelle sue articolazioni fondamentali: la famiglia, le altre agenzia educative, compresi anche gli oratori di un tempo che non esistono più. Con un po’ di rammarico – aggiunge – perché se questo mondo riuscisse ad occuparsi realmente dei minori, tanti reati comuni non esisterebbero. Purtroppo, le famiglie hanno abbandonato la loro funzione educativa perché si fa “fatica” a fare il genitore».

Il suo ruolo precedente da sostituto procuratore della Repubblica, e ancor prima da commissario di Polizia, gli “consegna” una esperienza capillare del territorio reggino. Ma molto lo fa anche la capacità di entrare in empatia con i quei giovani – che sono anche quelli del post-cresima della parrocchia di San Cristoforo – «che, in generale, non hanno bisogno di moralismi e ai quali si deve parlare con il cuore». Una qualità che Di Palma ha dimostrato portando anche nelle scuole un messaggio di legalità e di giustizia concreto e a portata di mano.

- Ed allora, quale realtà è quella dei minori?
«È segnata da una fascia di povertà, mancanza di lavoro, e da una sub-cultura. Ed ancora, da una grande responsabilità della famiglia e del sistema. Proviamo a chiederci quanti sono i momenti in cui il padre e la madre parlano “seriamente” con i propri figli?».

- Torniamo alle belle idee.
«Certamente, serve intensificare la presenza dei magistrati nelle scuole, rafforzare gli istituti che hanno la finalità di recuperare il minore, creare una sinergia programmatica inter-istituzionale per strutturare un sistema di cambiamento che guardi al futuro».

- “Liberi di Scegliere” cosa ha dimostrato?
«Il grande potenziale giovanile ed il fatto che, anche nelle famiglie dove il destino è più buio, può esserci la chiave da aprire. La bravura e la capacità del presidente Di Bella è stata poi quella di portare avanti l’idea fino in fondo».

- Distinguiamo i livelli. Tanti minori delinquono ma non sono figli di borghesia mafiosa.
«Assistiamo a famiglie disgregate al loro interno, con un livello lavorativo e sociale basso. Le isole felici non esistono. Ragazzi che assistono a forme di violenza domestica finiscono con assorbirle portandosele dentro. Scatta, così, un effetto di emulazione. Rappresentano situazioni di disagio che sfociano in atti penalmente rilevanti. La criminalità organizzata gioca le sue carte riversando sul minore quella attenzione che spesso manca in famiglia; lo fa sentire improvvisamente importante; gli dà tutto quello che la società non gli offre. Soprattutto, il riconoscimento della sua individualità. La ’ndrangheta furba ruba alla società quello che lo Stato dovrebbe dare».

- Torniamo ai due tasselli importanti: la prevenzione ed il recupero del minore.
«Nella prima, rientrano l’attività di monitoraggio sulla famiglia, il ruolo della polizia giudiziaria e dei servizi sociali, il controllo della dispersione scolastica. L’istituto della messa alla prova è fondamentale nel recuperare il minore. Opportunità di studio e di lavoro alimentano la possibilità di cambiare e di meditare sugli errori commessi, anche per chi commette i reati peggiori. È questa la funzione rieducativa e non è certo una giustizia a basso costo».

- Per finire, cosa insegna il Covid?

«Da profondo cristiano, mi torna in mente questo passo della Bibbia: “Io ti ho portato 40 anni nel deserto per farti capire dove era rivolto il tuo cuore”. Il deserto diventa luogo di riflessione ed anche il Covid può essere visto come l’occasione per ritrovare un rapporto più intimo ed autentico con la nostra vita e con il nostro animo».

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