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Reggio, l'ex pg Salvatore Di Landro: due bombe e mille dubbi

L’ex Pg di Reggio non crede che “il Nano” sia l’autore degli attentati del 2010

Salvatore Di Landro

Ci voleva il boss-pentito Maurizio Cortese per riaprire una ferita vecchia di undici anni. Nella sua fresca collaborazione, tra i verbali resi ai magistrati antimafia della Dda, il boss della cosca Serraino parla anche delle famigerate bombe fatte esplodere nel 2010 ai danni della Procura generale presso la Corte d’Appello e della casa dell'ex procuratore generale Salvatore Di Landro. Un annus horribilis impresso a fuoco nella memoria della città. Secondo il pentito Maurizio Cortese, su quelle bombe c'è stato un «depistaggio». In un primo momento, infatti, le indagini si erano indirizzate sulla cosca Serraino, poi, però, esplose la collaborazione del boss Nino Lo Giudice, detto il Nano, che si è autoaccusato di quegli attentati. «Mi avevano messo in mezzo a me per tutto il casino che ho fatto nel processo “Epilogo” – ha raccontato Cortese – l’ho fatto perché volevo che uscivano fuori i nomi di queste persone, perché io non ho mai capito per quale motivo hanno messo la bomba alla Corte d’Appello, poi gliel'hanno messa a casa di Di Landro. Ma perché Di Landro? La verità non la sa nessuno, avete capito? O forse la sa Nino Lo Giudice. Però certe cose non tornano». Le gravi perplessità di Cortese trovano significativo riscontro nella recente conferma del rapporto esistente tra Nino Lo Giudice e “Faccia di mostro”, al secolo Giovanni Aiello, ex agente di pubblica sicurezza, sospettato di un possibile coinvolgimento nelle stragi siciliane degli anni “Novanta”; sicché il Lo Giudice non sarebbe un modesto comprimario, ai margini delle organizzazioni criminali, incapace di commettere gli attentati del 2010.

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