«Lo “spessore criminale” di Macrì ha come cartina di tornasole il fatto di essere riconosciuto dai consociati proprio in detta veste criminale e di essere unanimemente riconosciuto, tanto a Siderno e zone limitrofe che in Canada, quale uno dei pochi affiliati di vertice in grado di porsi come “uomo di garanzia e di fiducia” al fine di evitare che l’uccisione di Carmine Verduci (referente dei Coluccio/Aquino) possa degenerare in una faida interna tra i rappresentanti in Canada del gruppo Figliomeni/Commisso e quelli del gruppo Aquino/Coluccio che lì hanno “iniziato insieme e mangiato (e mangiano) insieme”». È quanto scrivono i giudici della Corte d’appello di Reggio nella motivazione della sentenza di condanna di Vincenzo Macrì a 15 anni con l’accusa di far parte di un’associazione per delinquere di stampo mafioso, con uno sconto di 5 anni rispetto al primo grado. Il processo a carico del 56enne Macrì, originario di Siderno, figlio del defunto Antonio Macrì soprannominato “boss dei due mondi”, è uno stralcio del troncone dell’ordinario di “Acero – Krupy”.
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