Alle prime ore di oggi, 19 luglio 2021, all'esito di articolate indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, la Squadra Mobile reggina - con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo della Polizia e il supporto di alcuni equipaggi del locale Upgsp - ha dato esecuzione all’ordinanza di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere emessa il 15 luglio 2021 - su richiesta della Dda - dal Gip presso il Tribunale di Reggio Calabria, nei confronti di due persone reggine, entrambe trentunenni, ritenute entrambi responsabili di tentato omicidio, ricettazione e danneggiamento a mezzo incendio, tutti aggravati dalla circostanza dell’agevolazione mafiosa. Si tratta di Emilio Molinetti, classe 90, e Marco Geria, classe 90, rispettivamente, figlio e uomo di fiducia del boss Gino Molinetti, arrestato nell’operazione
"Malefix".
La ricostruzione
Le indagini svolte dalla Polizia - sotto le direttive dei Sostituti Procuratori della Dda di Reggio Calabria Stefano Musolino e Walter Ignazitto – hanno focalizzato quanto accaduto la mattina del 26 maggio scorso, quando, nel quartiere Archi di Reggio Calabria, Giorgio Benestare detto Franco, 61 anni, indicato come già esponente di spicco della cosca De Stefano-Tegano e cognato del boss Orazio De Stefano, già condannato in passato per associazione a delinquere di stampo mafioso, è stato investito da una autovettura furgonata, mentre percorreva a piedi la via Croce Cimitero, riportando gravissime lesioni. Quello che, in apparenza, sembrava un semplice incidente stradale, si è, invece, rivelato un tentato omicidio, programmato da tempo. In tal senso, è stata determinante l’incessante e ininterrotta l'attività investigativa condotta, sin dall’immediatezza dei fatti, dalla Squadra Mobile reggina – Sezione “Criminalità Organizzata e Catturandi” – che ha acquisito e minuziosamente analizzato numerose immagini estrapolate da svariati impianti di video sorveglianza.
La precisa ricostruzione dei fatti effettuata dagli investigatori ha consentito, non solo di accertare l’esatta dinamica, ma anche di individuare e identificare gli autori materiali di quell’investimento doloso. E infatti, è stato accertato che, alle ore 11 circa del 26 maggio, mentre Benestare saliva a piedi via Croce Cimitero, è stato investito a forte velocità da un Fiat Doblò di colore bianco, che lo ha colpito in pieno. A bordo di quel mezzo, i risultati investigativi acquisiti depongono per la presenza degli odierni arrestati, i quali, dopo aver avuto contezza della presenza di Benestare che camminava a piedi nel quartiere Archi, hanno recuperato il Fiat Doblò – occultato, in quanto rubato nei mesi passati - e hanno atteso, in zona, il momento propizio per investirlo.
Quando Benestare stava percorrendo via Croce Cimitero (strada isolata e priva di marciapiede), gli indagati, a bordo del Fiat Doblò, hanno accelerato e investito dolosamente la vittima.
Non solo, dopo aver fatto inversione di marcia, hanno percorso, questa volta in discesa, via Croce Cimitero cercando di colpire nuovamente Benestare, non riuscendovi solo perché l'uomo, a seguito del primo impatto, era stato sbalzato all’interno di un piccolo ballatoio antistante un’abitazione.
Le indagini hanno consentito di accertare finanche il percorso di fuga degli autori del tentato omicidio che, sempre a bordo del Fiat Doblò, si sono diretti da Archi verso Gallico e hanno abbandonato l’automezzo in questione nel greto del torrente Scaccioti. È lì che il mezzo è stato ritrovato, incendiato, il giorno seguente dagli agenti in servizio di controllo del territorio. Nelle immediate vicinanze sono state rinvenute le targhe (anteriore e posteriore) del Fiat Doblò che, sebbene annerite, erano comunque visibili.
Si trattava dello stesso numero di targa che nel frattempo gli investigatori della Mobile avevano scoperto proseguendo l’incessante attività di analisi delle immagini acquisite.
Quell’automezzo, dagli accertamenti effettuati, è risultato rubato.
Non solo, sempre attraverso la minuziosa analisi delle immagini, è stato accertato che, poco dopo che il Fiat Doblò era stato abbandonato nel greto dello Scaccioti, una persona, a bordo di un ciclomotore con targa coperta da un panno di colore giallo, si era recato sul posto, per darlo alle fiamme.
La premeditazione
La ricostruzione fatta dagli investigatori ha accertato che l’investimento doloso di Benestare è stato il risultato di un piano preordinato e programmato nel tempo, finalizzato ad attentare alla vita dell'uomo. Emblematici in tal senso sono stati l’uso di un automezzo rubato, l’averlo poi dato alle fiamme, nonché l’eliminazione di alcune telecamere che avrebbero potuto inquadrare gli autori.
Ciò non ha però impedito agli investigatori della Squadra Mobile – esperti in materia di contrasto alla locale criminalità organizzata - di acquisire importanti elementi che hanno portato alla identificazione delle persone tratte in arresto. Le risultanze delle attività investigative – condotte con il costante coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria che ha richiesto, per gli autori dei fatti descritti, idonee misure cautelari - sono state, infatti, condivise dal Giudice per le indagini preliminari che ha emesso l’ordinanza eseguita oggi. Agli arrestati, infine, alla luce delle evidenze emerse dalle indagini, oltre all’aggravante dell’agevolazione mafiosa, sono state contestate – per quanto riguarda il tentato omicidio – le aggravanti della premeditazione e dall’aver agito in condizioni di luogo tali da ostacolare la privata difesa, mentre – per quel che concerne i delitti di ricettazione e di danneggiamento a mezzo di incendio dell’autovettura furgonata – la circostanza dell’aver commesso il fatto per eseguire il tentato omicidio di Benestare.
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