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Aeroporto di Reggio, lo spettro di un futuro “a porte chiuse”

I destini incerti dell’aeroporto e il rischio liquidazione della Sacal mettono in dubbio ogni progetto di sviluppo legato alle presenze in città

La pista dell'aeroporto di Reggio Calabria

C’è un’infrastruttura dalla quale, più di tutte, passa il futuro della città e dell’intera area dello Stretto: l’aeroporto “Tito Minniti”. Ed è la stessa infrastruttura sulla quale, purtroppo, si addensano nubi fosche ormai da tempo immemore.

Tra annunci e slanci di ottimismo, con i voli ridotti al contagocce e i piani futuribili che restano solo prospettive, le pedine non si smuovono dalla scomoda posizione sullo scacchiere, con l’aggravante di una società di gestione – la Sacal – che parla apertamente di messa in liquidazione. La ricapitalizzazione sarebbe una delle vie d’uscita dalla crisi, e in questo contesto la Città Metropolitana – che non è socia – conferma la proposta d’acquisto di quote per 2 milioni. C’è piena consapevolezza della delicatezza di un’operazione dalla quale dipende il destino di ogni progetto di sviluppo, compreso quel Museo del mare che tante energie – e indubbio interesse – sta catalizzando. Perché il futuro non può essere immaginato “a porte chiuse”, con un territorio marginalizzato e difficile da raggiungere. Qualche volo per Roma – a prezzi per lo più inaccessibili e in orari che non consentono l’andata e ritorno in giornata – e poco più: l’offerta dell’aeroporto dello Stretto, complice ovviamente anche il Covid, è oggi del tutto fuori mercato. L’utenza messinese gravita esclusivamente su Catania, quella reggina è orientata anche su Lamezia Terme. Ne è consapevole l’amministrazione metropolitana che, nelle scorse ore, su input del sindaco Giuseppe Falcomatà, ha scritto all’Enac, l’Ente nazionale per l’aviazione civile che ha assegnato a Sacal la gestione dei tre aeroporti calabresi.

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