A distanza di poco più di sei anni dai fatti, è giunto alla sentenza il processo sorto a seguito della querela per diffamazione aggravata proposta dall’attivista Luciana Bova. Il fatto ha avuto origine dall’opposizione della “Collettiva AutonoMIA Reggio Calabria” – di cui la Bova era componente e fondatrice – all’approvazione di una mozione ritenuta confessionale e omofoba, denominata “Iniziative per la tutela della famiglia naturale” proposta dall’allora (e attuale) consigliere comunale Massimo Ripepi (pastore della congregazione e dell’istituto di cui era parte), e dal successivo incontro informativo avvenuto con il contributo delle docenti universitarie Graziella Priulla e Giovanna Vingelli, del presidente del Consiglio comunale Demetrio Delfino e dello stesso Ripepi.
Nelle ore e nei giorni seguenti, l’attivista era stata oggetto di numerosi post e commenti sul noto social network Facebook, ritenuti sin da subito diffamatori. Ne è sorto, dunque, un processo celebratosi nei confronti di un unico imputato dinanzi al Tribunale di Reggio Calabria, sezione penale, che, a seguito della richiesta di patteggiamento, ha applicato a Ripepi una pena di 2 mesi di reclusione e 200 euro di multa.
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