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I Molè avevano il monopolio del pesce a Gioia Tauro. Tutti impauriti

La distribuzione e la vendita in tutta Gioia Tauro passavano obbligatoriamente per l’acquisto all’asta dalla “Ulisse srl”. Condizioni-capestro imposte anche agli operatori in gravi difficoltà economiche

Anche la vendita e la distribuzione del pescato al porto di Gioia Tauro era monopolio esclusivo dei Molè attraverso la “Ulisse srl” riconducibile ad Antonio Albanese (alias “Mastru Ninu”, suocero del boss Mommo Molè e pluricondannato per associazione mafiosa con sentenze definitive), Rocco Molè (figlio di Mommo) ed Ernesto Madaffari, marito di Carmelina Albanese, a sua volta figlia del decano Antonio.
Tutti i pescherecci dovevano far confluire il pescato all’asta della “Ulisse”, così come gli imprenditori ittici erano costretti ad acquistare esclusivamente all’asta senza possibilità di rivolgersi direttamente ai proprietari dei pescherecci.
Il controllo dell’area e delle attività era esercitato in modo puntiglioso. Gli investigatori, ad esempio, hanno fotografato l’indagato Ippolito Mazzitelli nell’atto di monitorare, addirittura attraverso appostamenti e pedinamenti, la condotta di titolari di pescherecci o imprenditori ittici che non sottostavano a questo regime di governo e monopolio del settore. Mazzitelli effettuava infatti un vero e proprio controllo di pescatori che di nascosto vendevano direttamente il pescato della marineria gioiese alle pescherie violando le regole di conferimento all’asta dei Molè imposte da Albanese: la sequela dei ribelli veniva presa manu militari da Mazzitelli e condotta nella fattoria di “Mastru Ninu”, al V stradone del Sovereto di Gioia.

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