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'Ndrangheta, Morra: "Lo Stato centrale prenda consapevolezza di quest'emergenza"

Lo ha detto il presidente della commissione parlamentare antimafia nel secondo giorni di audizioni che si stanno tenendo alla prefettura di Reggio Calabria

Nicola Morra

«Oggi abbiamo audito il procuratore Giovanni Bombardieri. A breve continueremo con i due aggiunti, Gaetano Paci e Giuseppe Lombardo. Sono emerse situazioni meritevoli di approfondimento, situazioni importanti. Abbiamo dati confortanti e allo stesso tempo abbiamo acquisito quegli elementi di cronicità emergenziali che caratterizzano questa situazione perché relativamente agli organici, soprattutto dell’ufficio gip del Tribunale, questo provoca ritardo nell’esame delle richieste che vengono prodotte dall’ufficio di Procura».

Lo ha detto il presidente della commissione parlamentare antimafia Nicola Morra nel secondo giorni di audizioni che si stanno tenendo alla prefettura di Reggio Calabria. «Non ci può essere disallineamento tra organici della Procura e organici dei Tribunali - ha aggiunto -. Il fatto stesso di registrare queste distonie, fa capire che forse a Roma debbano investire diversamente sulla Calabria. Molto spesso lo Stato centrale sembra assente e quando lo Stato è assente mi sembra ovvio che siano altri a riempire determinati spazi lasciati vuoti. Io parlerei non tanto di poca efficienza, ma di voluta distrazione nei confronti dei bisogni del territorio e dell’amministrazione. Ieri per esempio ragionavamo della mancata approvazione dei bilanci dell’Asp di Reggio Calabria a partire dal 2013. Parlarne nel 2014 è un discorso, farlo a fine 2021 è un altro. Anche perché nessuno ha mai firmato quel bilancio e quegli successivi. Qua si sta cronicizzando una situazione emergenziale».

«I calabresi - ha concluso Morra - dovrebbero superare il loro atavico individualismo per far rete e costruire trame di
società civile con cui, attraverso l’associazionismo, combattere il fenomeno 'ndranghetistico. Noi, come commissione, dovremmo addirittura essere qui più presenti ma l’emergenza pandemica ci costringe a lavorare in maniera diversa da come vorremmo. Si fa quel che si può nella speranza che lo Stato centrale, a Roma, prenda consapevolezza dell’emergenza 'ndrangheta. O forse voglia prendere consapevolezza perché non è difetto di intelligenza ma è altro».

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