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Reggio, dalle bombe di Kiev all’abbraccio di Gallico

La disperata fuga delle famiglie ucraine conclusa alla cooperativa “Collina del Sole”. Il cuore grande di Reggio restituisce persino un sorriso

Nei loro occhi si legge la paura, il terrore e il dramma di una guerra che stravolge la vita. Case squartate, morti, amici persi e scomparsi, strade cancellate, palazzi crollati e tanto dolore. Sono giovani ed hanno dei figli. Sofia (nome di fantasia) racconta i dettagli mentre gli occhi si riempiono di lacrime. Quei muri spenti, di colore grigio e senza luce, sono stampati nella mente, come mostri avanzano a tratti e li ricorda bene anche il figlio di sette anni quando chiede “mamma perché dormiamo qui?”. Culle, materassi per terra, coperte e niente altro. Si dorme vestiti. Forse si dovrà scappare. La guerra non è in televisione ma lì, dentro casa e dentro ogni persona. Sofia, impietrita, pensa che forse è giunto il momento di partire. Nessuna valigia da preparare. Viene presa tra le mani solo la vita, posta in braccio ed accarezzata come sta facendo la nonna con la nipotina. Non è facile lasciare nella guerra altri; ma non tutti possono partire. Il cuore si spezza al pensiero di lasciare la mamma anziana ed il padre avanti negli anni. Tutto è un pianto è atroce. Ed il nonno piegato sul bimbo lo stringe al petto. Spera di poterlo rivedere. Poi lo consegna alla madre mentre tutti si abbracciano. È ora di partire. Sofia aveva sentito una parente che vive a Reggio. È stata lei a chiedere aiuto alla “Collina del Sole” di Gallico, una cooperativa sociale di espressione cattolica che si occupa di minori. Loro hanno subito aperto la porta. Con questa certa accoglienza nel cuore la famiglia di Sofia ed un’altra partono. Hanno una sola automobile ma va bene lo stesso. A loro, all’ultimo momento, si aggiunge una terza famiglia con due bambini. Solo il tempo di prendere la loro macchina e si parte. Poi finalmente giungono davanti la cooperativa “Collina del Sole”. Sono a Gallico e là davanti c’è la presidente Mariella Quattrone, pronta ad accoglierli con calore umano. La guerra, dice, «non guarda in faccia nessuno. È terribile la loro esperienza. Nei loro volti avevano stampata la paura».

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