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Reggio, il messaggio forte della Biennale: la cultura del bello arriva sui banchi

Il bilancio del presidente dell’Ordine degli architetti Ilario Tassone. «L’evento ha fatto capire al territorio che si può cambiare, ci sono i presupposti non bisogna aspettare che arrivi qualcuno da fuori»

Cinquemila visite in quattro giorni. Il Forte batteria Siacci non aveva mai contato, probabilmente tante presenze. Numeri destinati ad aumentare visto che le esposizioni e installazioni che propongono una prospettiva diversa dello Stretto, non più periferia del Paese ma baricentro del Mediterraneo, rimarranno allestite fino a dicembre. La restituzione al territorio di un luogo “sconosciuto e silente” è uno dei piccoli miracoli che la Biennale dello Stretto ha compiuto. Il presidente dell’Ordine degli architetti reggini, Ilario Tassone, riavvolge il nastro, di quella che definisce «una scommessa vinta. Eravamo da soli ci hanno dato credito le amministrazioni (le Città Metropolitane di Reggio e Messina che sono diventate partner) sulla fiducia. Il risultato oggi è tangibile. Mentre i primi incontri spiegavamo alle persone che venivano alla conferenze cosa era la Biennale e cosa voleva essere, negli ultimi giorni è diventato tangibile a tutti. Si vedevano le persone che vivono la città, arrivare con le famiglie, i figli a visitare la Biennale, si complimentavano respiravano un'aria nuova, attraverso un evento mai visto prima. Abbiamo messo a sistema il mondo delle professioni (figure architetti ingegneri, geologici, agronomi), tutti parte del dibattito che ha coinvolto gli artisti che nel percorso hanno prodotto installazioni molto apprezzate di livello internazionale».

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