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Reggio, una targa per il giudice Lilia Gaeta. Tra emozioni, ricordi e partecipazione

Magistratura e avvocatura hanno ricordato una donna che ha vissuto per la giustizia. La famiglia: il suo nome nella pietra simbolo del nostro legame

Un caldo applauso accompagna la scoperta della targa “ad imperitura memoria del sorriso del giudice Lilia Gaeta, interprete umana e rigorosa del diritto”, sulla parete esterna dell’Aula delle udienze della seconda sezione penale che il magistrato reggino a lungo ha presieduto; spazi che diventano subito troppo stretti per la grande partecipazione e momenti in cui l’emozione accende il ricordo ed il ricordo si trasforma in emozione.

Dopo la benedizione da parte di Don Nino Pangallo, il presidente f.f della Corte di Appello Bruno Muscolo richiama la piena condivisione della magistratura intorno alla bella iniziativa. «Abbiamo accolto con grande piacere questo dono dei suoi cugini, Loredana Laganà e Giuseppe Gaeta, a perenne ricordo di una collega rigorosa e serena».
«Ma perché una targa quando Lilia Gaeta vive in tutti noi?». Se lo chiede il procuratore generale Gerardo Dominijanni, trovando subito la risposta: «È giusto che le nuove generazioni sappiano chi era lei; un magistrato che ha dato più agli altri che a se stessa fino all’ultimo istante della sua vita, sentendo sempre il peso di dover condannare o assolvere; oggi la difficoltà è pensare che non ci sia più ma il suo essere speciale ci accompagnerà sempre». Un passo indietro. Erano i tempi dei primi batticuore e delle prime confidenze, quelli condivisi da Lilia Gaeta e da Maria Grazia Arena che ammette: «Un rapporto che solo in quella fascia di età riesce a realizzarsi con tale intensità ed autenticità; paradossalmente il momento in cui Lilia- ammette la presidente del Tribunale- ha dato il meglio di sé è stato quello della malattia che non le ha mai rubato spazi vitali, personali familiari e professionali. Perché la differenza la fa sempre come si vive». Ha raccolto il testimone alla guida della seconda sezione penale, Olga Tarsia che riconosce: «Questa è stata la sua seconda casa; un impegno che non si è mai piegato alla nuova dimensione della malattia, riuscendo, Lilia, a rendere questo tempo irripetibile con la tenerezza delle madri e la fermezza del guerriero, assumendosi i rischi di tutte le scelte e di ogni condotta».

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