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Reggio, 'ndrangheta stragista. Patto di ferro per ricattare lo Stato contro “41 bis”

La testimonianza del collaboratore di giustizia Bruzzese. «Confermati i legami tra ’Ndrangheta e Cosa Nostra e la doppia affiliazione per i vertici reggini, come i De Stefano e i Piromalli»

Rapporti privilegiati e patto di ferro per realizzare sinergie criminali: anche il collaboratore di giustizia Girolamo Bruzzese ha ribadito la solidità del pensiero condiviso di Cosa nostra palermitana e 'Ndrangheta reggina nell'esportare la stagione della tensione dalla Sicilia al Continente passando dalle bombe fatte esplodere a Roma, Firenze e Milano agli attentati ai Carabinieri consumati nel Reggino tra il 1993 e il 1994 e culminati nell'agguato mortale ai sottufficiali dell'Arma Antonino Fava e Vincenzo Garofalo. Bombe, omicidi, sparatorie e sangue per provare a ricattare lo Stato e farlo indietreggiare rispetto alla mannaia del carcere duro ed alla legislazione su sequestri e confische dei beni di provenienza mafiosa. Uno scenario criminale ripercorso dalla Procura antimafia di Reggio Calabria attraverso le dettagliate testimonianze dei collaboratori di giustizia.
Ieri in Corte d'Assise d'Appello di Reggio Calabria (Presidente Bruno Muscolo, a latere Giuliana Campagna) il collaboratore di giustizia Girolamo Bruzzese, rispondendo alle domande del Procuratore aggiunto della Dda, Giuseppe Lombardo, ha ulteriormente confermato i legami tra ‘Ndrangheta e Cosa Nostra e «la doppia affiliazione» per i vertici reggini, come i De Stefano e i Piromalli, ricordando anche «di un certo interessamento” della ‘ndrangheta per ottenere notizie per la liberazione di Aldo Moro svanito però durante la lunga prigionia dell’uomo politico democristiano, senza conoscerne i motivi».

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