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'Ndrangheta stragista: il comandante dei carabinieri Massimo Galasso sentito per 6 ore al processo

Galasso, che è l’estensore dell’informativa alla base della recente operazione 'Hybris'( 9 marzo scorso), coordinata dal Procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri, che si è conclusa con l’arresto in carcere di 35 persone e 15 indagate, tutte legate al clan Piromalli di Gioia Tauro

Quasi sei ore di deposizione, tra l’esame del procuratore generale di udienza, Giuseppe Lombardo, e il controesame delle difese di Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone - gli avvocati Giuseppe Aloisio e Guido Contestabile - tanto è durata oggi la testimonianza dinanzi alla Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria del comandante provinciale del reparto operativo dei carabinieri, tenente colonnello Massimo Galasso, nel processo 'Ndrangheta stragista per il duplice omicidio dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, assassinati il 18 gennaio del 1994 mentre pattugliavano con la 'gazzellà dell’Arma il tratto autostradale della A/3, tra gli svincoli di Palmi e Scilla.

Galasso, che è l’estensore dell’informativa alla base della recente operazione 'Hybris'( 9 marzo scorso), coordinata dal Procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri, che si è conclusa con l’arresto in carcere di 35 persone e 15 indagate, tutte legate al clan Piromalli di Gioia Tauro, ha risposto alle domande del procuratore generale di udienza sulle dinamiche e gli equilibri criminali all’interno del clan Piromalli e tra le cosche di 'ndrangheta della Piana di Gioia Tauro, in particolare, analizzando una intercettazione ambientale tra Giuseppe Ferraro e Francesco Adornato 'Ciccio u biondù - definiti 'luogotenentì di Giuseppe Piromalli (cl.43) - captata il 17 gennaio del 2021 nell’oleificio di proprietà del Ferraro, ubicato in contrada 'Tanà di Rizziconi, comune confinante con Gioia Tauro, in cui si fa riferimento ad una riunione svoltasi nel resort 'Sajonarà di Marina di Nicotera (Vibo Valentia) nel 1992 della 'commissionè di 'ndrangheta insediata da Giuseppe Piromalli per decidere sulla richiesta di Cosa nostra di partecipare o meno, alle stragi dei primissimi anni '90.

Reggio Calabria, 15 mar. - Secondo quanto affermato dall’ufficiale dell’Arma, l’oleificio del Ferraro - sottoposto dai carabinieri anche a videosorveglianza - era stato messo più volte a disposizione per incontri tra i membri di primo piano (Rocco Delfino, Antonio Zito, Elio Messineo, Giovanni Furfari, Giovanni Squillaci) del clan Piromalli. L’intercettazione - ha riferito in aula il t.col. Galasso - «cade in un momento particolare, cioè, la imminente scarcerazione del boss Pino Piromalli (avvenuta il 22 maggio del 2021 dopo ventidue anni di reclusione al 41 bis ndr), e la conversazione nasce dalla necessità di ripristinare le dinamiche che appartenevano alla cosca dagli inizi degli anni 80». Galasso ha definito «genuino» il contenuto dell’intercettazione in cui Francesco Adornato parla con Ferraro degli esiti dell’incontro al resort 'Sajonarà - assente Pino Piromalli, rappresentato dal boss di Rosarno Antonino Pesce 'u testunì - e delle perplessità manifestate dal boss di Vibo Valentia, Luigi Mancuso, di aderire al programma stragista voluto da Cosa nostra. Di quell'incontro al 'Sajonara, riferisce anche il boss pentito della 'ndrangheta di Cosenza, Franco Pino, nel 2018. «Venne a Cosenza Pantaleone Mancuso - disse Franco Pino - dicendo che Luigi Mancuso voleva parlarmi. Con Umile Arturi andiamo a Limbadi e da lì, un nipote di Mancuso ci dice di andare tutti al 'Sajonara: c'erano Luigi Mancuso, Santo Carelli, Giuseppe Farao, Nino Pesce, un calabrese che abitava a Milano, Franco Coco Trovato, c'era anche Giuseppe De Stefano e un signore che mi è stato presentato come Papalia. Le presentazioni le fece Luigi Mancuso. Nessun siciliano era presente e si parlò di assaltare le stazioni dei carabinieri per mettere lo Stato con le spalle al muro e costringerlo alla trattativa». L’udienza riprenderà il prossimo 20 marzo

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