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Oppido Mamertina, tre medici responsabili della morte della studentessa Concetta Patamia

Una settimana dopo l’operazione al fegato per una caduta nel 1997. La Cassazione condanna in sede civile i sanitari dell’ospedale

A distanza di 25 anni dalla morte della studentessa sedicenne di Gioia Tauro, Concetta Patamia, è stata finalmente messa la parola fine su una vicenda giudiziaria lunga e complessa che ha consentito di accertare «una verità processuale ricercata per lunghissimo tempo». La Corte di Cassazione, nei giorni scorsi, ha ribadito che il decesso è avvenuto per responsabilità di tre chirurghi dell’ospedale di Oppido Mamertina.
La vicenda ha inizio il 29 gennaio 1997 quando, a seguito di una caduta accidentale, Concetta viene trasportata da alcuni conoscenti nel nosocomio della cittadina aspromontana: qui viene sottoposta ad un delicato intervento chirurgico per la sutura di una grave lesione al fegato. Nonostante la perfetta riuscita dell’operazione, dopo alcuni giorni di degenza ospedaliera le condizioni di salute della studentessa subiscono un brusco peggioramento fino al decesso in data 6 febbraio.
Dopo l’autopsia e l’acquisizione della documentazione sanitaria, il 10 marzo 1998 la Procura della Repubblica di Palmi cita in giudizio il primario e altri due medici del reparto di Chirurgia dell’Ospedale di Oppido Mamertina, contestando loro di avere cagionato la morte della giovane per negligenza, imprudenza ed imperizia. Con sentenza del 15 maggio 2003 il Tribunale di Palmi, sezione staccata di Cinquefrondi, pur avendo constatato la sussistenza degli elementi di colpa contestati, assolve i tre imputati per insussistenza del fatto, non avendo ravvisato in maniera certa un nesso di causalità tra la loro condotta e la morte di Concetta Patamia, verificatasi a causa di una tromboembolia.
A seguito di appello del procuratore della Repubblica di Palmi e del procuratore generale, la decisione di primo grado viene ribaltata dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria che, con sentenza del 9 giugno 2004, dichiara gli imputati colpevoli del reato ascritto, condannandoli ciascuno alla pena di otto mesi di reclusione ed al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili. Secondo i giudici di secondo grado, infatti, nel corso del processo è stato accertato il nesso eziologico tra le condotte colpose dei tre medici e la morte della giovane.
Questa decisione trova annullamento il 7 dicembre 2005 dalla quarta sezione penale della Corte di Cassazione che, per un verso, dichiara l’intervenuta prescrizione del reato di omicidio colposo nei confronti degli imputati e, per altro verso, ordina un nuovo processo in sede civile.

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