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Inchiesta Epicentro a Reggio, la "credibilità" dei pentiti e i riscontri sull’attendibilità

Il gup: «Il principio cardine è quello per cui non è possibile inserire la prova di un fatto esclusivamente dalle dichiarazioni del correo»

Sempre di più nel segno dei collaboratori di giustizia le accuse alle 'ndrine della città, scaturite dalla maxi inchiesta “Epicentro”, nato dalla riunificazione di Malefix”, contro le generazioni moderne della cosca De Stefano; “Metameria”, contro i clan di Pellaro e Bocale; “Nuovo corso” con gli operatori economici della Città stremati dai clan delle estorsioni. Un timbro che emerge con evidenza in entrambi i filoni processuali, con rito abbreviato (già definito il primo grado con 53 condanne per un totale di 630 anni di galera ed appena 5 assoluzioni ed in attesa della definizione dei ricorsi in Appello) e in ordinario (ad oggi nella fase dibattimentale nevralgica della lista dei testimoni della Procura antimafia). In Tribunale collegiale, già escussi numerosi tra i principali pentiti reggini, sono attesi sugli scranni dei testimoni altri cinque collaboratori di giustizia: si riprenderà davanti al Tribunale collegiale (presidente Silvia Capone, giudici a latere Carla Costantino e Andrea Iacovelli) con Vittorio Fregona, tra i più “datati” e convinti accusatori delle organizzazioni mafiose della cintura urbana sud della città, per poi proseguire, secondo le scelte e le strategie processuali dei Pubblici ministeri Walter Ignazitto, Stefano Musolino e Nicola De Caria, con Mario Gennaro, Paolo Iannò, Roberto Lucibello e Salvatore Aiello.

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