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Favori e atti falsi in ospedale a Locri, c’è chi dice no

La rete di medici compiacenti e quelli che non si sono fatti corrompere sono le due facce dell’inchiesta “Sua Sanitas”. L’intercettazione sul nuovo primario di Radiologia: «È venuto questo, abbiamo finito di imbrogliare». Interviene Occhiuto: «La magistratura faccia presto e sia inflessibile. Il mio pensiero va ai tanti onesti»

La sanità dei favori, della corruzione e del “comparaggio” e quella che dice no all’illegalità. L’inchiesta “Sua Sanitas”, ennesimo terremoto all’ospedale di Locri, è paradgmatica: ci sono le due facce della medaglia, ricostruite nell’ordinanza di custodia cautelare tra intercettazioni e capi d’accusa. È il gip a sottolinearlo con chiarezza: se è vero che l’inchiesta della Guardia di Finanza restituisce «un’immagine desolante di alcuni reparti «dell’ospedale, «i cui medici e responsabili hanno abdicato a un corretto esercizio dei poteri» a vantaggio di alcuni o «per un proprio tornaconto in termini di dazioni di denaro», allo stesso tempo «ad onor del vero» tra i tanti comportamenti illegali le intercettazioni «danno l’evidenza di alcuni medici operanti in modo corretto».
Venerdì mattina, le Fiamme Gialle hanno eseguito undici misure cautelari, mentre sono in tutto novanta gli indagati tra medici, avvocati, tecnici di laboratorio e altri pubblici ufficiali. In carcere è finito Filippo Lascala, medico di Psichiatria; ai domiciliari il primario dello stesso reparto, Antonio Bombara. Decine le intercettazioni che hanno permesso di ricostruire il “sistema Lascala” all’interno dell’ospedale, tutte legate dal fil rouge di certificati falsi perché i pazienti ottengano benefici, che siano pensioni, prestazioni Inps o più semplicemente trasferimenti di luoghi di lavoro. Inevitabilmente il medico avrebbe approfittato di una “rete”: non tanto complici, quanto colleghi disponibili a venire incontro alle richieste. Favori, appunto. Ci sarebbero cascati sanitari di Ortopedia, Otorinolaringoiatria, Fisiatria, Ortopedia, Diabetologia, operatori del Laboratorio di analisi. «Lungi dall’attuare la pratica dell’imbroglio solo nella branca di sua competenza, si mostrava capace di interferire nell’attività di altri medici operanti nello stesso ospedale», scrive il gip a proposito di Lascala. Di «forza persuasiva» e «capacità intromissiva» parla il giudice nel tracciare il quadro della situazione: sarebbe bastata la presenza fisica di Lascala perché qualche collega cedesse a preparare certificati fasulli in reparti diversi dal suo. «Prendi un foglio di carta e scrivi, negativo… chi comanda qua?», avrebbe imposto in un caso lo psichiatra che si autodefiniva “dio dell’imbroglio”. «Scrivi, se sei un amico… senza che la portiamo alla lunga…», avrebbe chiesto a un altro collega.

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