Si è concluso con 23 condanne, a complessivi 284 anni circa di reclusione, e 3 assoluzioni il filone dell’abbreviato del maxiprocesso scaturito dall’operazione “New Generation - Riscatto 2”. Le pene più pesanti sono state quelle di 20 anni di reclusione inflitte agli imputati Riccardo Francesco Cordì, Antonio Aversa, Luca Scaramuzzino e Salvatore Congiusta.
Nella tarda serata di ieri il gup di Reggio Calabria, Irene Giani, ha accolto sostanzialmente le richieste della Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri, ed ha condannato gli imputati dell’inchiesta scaturita dalle indagini dei carabinieri di Locri che hanno disarticolato quelle che sono, in parte, ritenute le “giovani leve” della cosca Cordì, operante principalmente nel territorio di Locri.
Nel corso della lunga discussione i pubblici ministeri Calamita e Capece Minutolo hanno evidenziato al gup reggino, i risultati investigativi emersi nel corso di due attività d’indagine complementari, convenzionalmente denominate “New Generation” e “Riscatto II”, condotte dai militari del Gruppo Carabinieri di Locri. La pubblica accusa ha sostenuto l’esistenza di un vincolo associativo tra le “nuove leve” della consorteria “Cordì”, desumibile dall’analisi delle attività delittuose da questi poste in essere, attraverso danneggiamenti, minacce ed estorsioni, al fine di assicurare il controllo del territorio e di scalare le gerarchie interne del sodalizio. In questo contesto è stata, inoltre, individuata dagli inquirenti anche un’associazione dedita alla detenzione e cessione di sostanze stupefacenti del tipo cocaina e marijuana. Infine un altro filone della maxi operazione ha proseguito ad indagare sul protrarsi dell’attività estorsiva sul territorio svolta da alcuni affiliati nei confronti di noti imprenditori locali, determinatisi a segnalare alle Istituzioni le condotte delittuose patite e già in parte scoperchiate nel corso della precedente indagine denominata “Riscatto - Mille e una notte”.
Non ha retto l’impianto accusatorio nei confronti di Damiano Aversa, Lorenzo Vico e Antonino Dieni. Per questo ultimo imputato, difeso dall’avv. Antonio Alvaro, la procura aveva chiesto 15 anni di reclusione, con la pesante accusa di far pare di un’associazione mafiosa con un ruolo apicale all’interno del sodalizio denominato “Cordì”, mentre il difensore ha insisto per l’assoluzione richiamando, tra l’altro, anche la decisione della Cassazione che a dicembre ha rimesso in libertà il 56enne Dieni, ieri assolto con la formula “per non aver commesso il fatto”.
Gli imputati per i quali vi è giudizio di responsabilità in relazione a capi per cui vi è stata la costituzione di parte civile del Comune di Locri, della Città Metropolitana di Reggio Calabria e della Regione Calabria sono stati condannati anche al risarcimento dei danni cagionati “da liquidarsi in separato giudizio civile”, rigettando le richieste di provvisionale.
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