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«Porto di Gioia Tauro a rischio a causa dell’altezza del Ponte»

Il dossier delle associazioni ambientaliste Kyoto Club, Lipu e Wwf. «Le portacontainer più grandi non potrebbero passare sotto a meno di una costosa riprogettazione generale dell’opera»

«Con un “franco navigabile”, in condizioni di massimo carico, di 65 metri, come viene riportato nel progetto attuale, le più grandi portacontainer in rotta dall’Oceano Indiano verso Gioia Tauro, non potendo varcare lo Stretto, abbandonerebbero il più importante porto di transhipment d’Italia in favore di altri porti mediterranei in Spagna e Francia, con grave danno all’economia calabrese e nazionale».
È l’allarme lanciato dagli ambientalisti di Kyoto Club, Lipu e WWF che, in un articolato dossier, dal titolo “Lo Stretto di Messina e le ombre sul rilancio del Ponte”, elaborato con il contributo di un qualificato pool di esperti, individuano una serie di questioni irrisolte legate proprio al progetto del ponte a campata unica sullo Stretto. All’interno del documento si fa infatti riferimento alle portacontainer che potrebbero subire non pochi problemi a causa dell’infrastruttura. Ma a subire disagi non sarebbero soltanto le navi dirette a Gioia Tauro, ma anche tutte quelle che salperanno da altri porti italiani come Genova, Napoli, Livorno e Salerno che, dovendo circumnavigare la Sicilia, subirebbero un aggravio dei costi e dei tempi di navigazione.
«Innalzare l’impalcato di 15 metri – si legge nel rapporto – comporterebbe una riprogettazione integrale dell’opera». Il capitolo 6 di questo dossier, scritto da Antonio Di Natale (ecologo marino ed esperto Onu), precisa che «nel 2022 erano attive 69 navi portacontainer di grandissime dimensioni, che non potrebbero mai passare sotto il Ponte, allo stato del progetto attuale. Anche le moderne grandi navi da crociera, come segnalato, non potrebbero passare sotto il Ponte con l’altezza attualmente prevista». L’altezza effettiva – secondo Di Natale – «limita fortemente il passaggio delle nuove grandi navi, rendendo ancora più problematica l’economicità già inesistente dell’opera. Sarebbe quindi necessario, per rendere l’opera liberamente utilizzabile, innalzare l’impalcato almeno di ulteriori 15 metri per poter valutare una certificazione “franco navigabile” ammodernata e adeguata, che tenga conto anche del progressivo innalzamento del livello medio del mare».

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