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’Ndrangheta, pizzo e narcotraffico. Scilla nelle mani dei Nasone-Gaietti

Processo “Lampetra”: la forza dei clan nelle motivazioni della sentenza del Gup. «Chiarezza e logicità del contenuto dei dialoghi captati e certezza dell'identificazione dei conversanti a fondamento della pronuncia»

Nelle avide mani dell’asse di ’ndrangheta Nasone-Gaietti. Dalle inchieste “Lampetra” e “Nuova linea” e dalle operazioni “Cyranò” ad “Alba da Scilla”, la cittadina simbolo della Costa Viola e “perla del Tirreno” reggino è da sempre stretta in una asfissiante morsa mafiosa tra imposizione del racket delle estorsioni, la mannaia del pizzo agli imprenditori e delle tangenti nei cantieri, il “monopolio” del pesce spada ai ristoranti con affaccio sul mare cristallino di Chianalea e soprattutto il lucroso business del narcotraffico. Come emerge a chiare lettere nelle motivazioni della sentenza di primo grado “Lampetra”, i clan scillesi gestivano tutto: dalla gestione della piazza dello spaccio di droghe - cocaina e marijuana - nel cuore della città alla compravendita di partite di stupefacenti per rifornire gli amici e compari dell'hinterland scillese e di una porzione di Aspromonte.
Sotto accusa, e condannati con pene che hanno toccato anche i 20 anni di galera, per capi e gregari dei “Nasone-Gaietti”. Nell'indagine dei Carabinieri, brillante perchè sviluppata attraverso le antiche ma sempre efficaci attività investigative all'insegna dello stile poliziesco, nessun dubbio sul coinvolgimento degli imputati: «Appare opportuno chiarire fin da ora che alcun dubbio sorge in ordine all'identità dei conversanti, attesa l'attività di identificazione effettuata da parte della Polizia giudiziaria, dei cui criteri si dà atto, oltre che nell'informativa dei Carabinieri del R.O.N.I. Del 10 gennaio 2021 in alcuni seguiti all'informativa finale agli atti».

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