La fotografia consegnata dai freddi numeri è quella di una città in forte difficoltà, segnata dal crollo demografico, da un’elevata emigrazione dei suoi residenti, dal calo delle nascite e da un saldo negativo tra aperture e chiusure di attività commerciali.
L’effervescenza che ha contrassegnato per lunghi periodi Reggio Calabria sembra essere scomparsa, complice soprattutto la mancanza cronica di lavoro che porta i residenti a fare meno figli e moltissimi a fare le valige per lasciare la propria città cercando fortuna al Nord o all’estero.
I dati in possesso di Gazzetta del Sud sono allarmanti, numeri che confermano il trend regionale e in alcuni casi lo peggiorano.
Il rapporto
Quei dati regionali erano emersi nell’ultimo rapporto dell’Istat sugli indicatori del 2022, nel quale la Calabria spicca in negativo per tasso di decrescita. In quel caso, però, i dati riguardano solo l’ultimo anno. Reggio Calabria rimane di gran lunga la città più popolosa della Calabria, ma l’emorragia continua e costante di residenti dal 2013, anno che abbiamo preso come riferimento, è elevata. Al 31 dicembre dello scorso anno (2022) il numero di residenti nella città dello Stretto era di 174.724, ben al di sotto dei 186.327 abitanti che si erano registrati nella stessa data del 2013. In dieci anni, quindi, la città ha registrato un progressivo calo di popolazione fino a giungere a meno 12mila.
Un calo che si si guarda nello specifico è costante e inesorabile. Solo tre anni fa, il 31 dicembre 2020 la popolazione residente in città era di oltre 177mila, nella stessa data del 2018 invece 180.616. Uno spopolamento che continua anno dopo anno e che le amministrazioni comunali che si sono succedute negli anni non sembrano aver avuto la forza o la capacità di fermare.
Anche il saldo tra nati e morti negli ultimi dieci anni registra in segno negativo.
Dall’1 gennaio 2013 all’1 giugno 2023 i nati e iscritti nel Comune di Reggio Calabria sono 14.187 a fronte di 19.857 decessi registrati nello stesso periodo. Un dato che va aggregato al computo totale del calo dei residenti in città. Il calo demografico a Reggio Calabria fa il paio con quello del fenomeno migratorio. La città dello Stretto, come del resto anche la regione, si conferma una terra di emigrazione. Numeri anche in questo caso preoccupanti e solo parzialmente mitigati dai nuovi residenti che sono persone che si sono trasferite in città da altre regioni o da paesi stranieri. Il periodo di riferimento sui quali ci siamo basati è quello che va dal primo gennaio 2013 al primo giugno 2023. Ebbene, sono 2.631 i reggini che sono stati cancellati dal Comune perché trasferiti all’estero.
Numero ben più grandi, nello stesso periodo storico, per coloro i quali sono andati via da Reggio Calabria per stabilirsi in un altro comune italiano. Sono infatti 25.021 i cittadini che hanno lasciato la loro città per trasferirsi in un’altra regione. A questi si devono aggiungono, inoltre, i 2.662 che sono stati cancellati per irreperibilità. Gli uffici di Palazzo San Giorgio, cioè, non essendo riusciti a localizzarli nell’arco di 13 mesi, hanno cancellato i loro nominativi dai registri.
Per quanto riguarda i movimenti in entrata, fermo restando lo stesso periodo lungo 10 anni, sono 7.617 gli stranieri che sino trasferiti a Reggio Calabria, mentre l’immigrazione da altre regioni d’Italia sono 13.489. Il saldo tra emigrazione e immigrazione è chiaramente sbilanciato verso il primo con oltre 30mila persone che hanno lasciato la città negli ultimi 10 anni e 21mila quelli che invece hanno fatto in viaggio inverso. Numeri impietosi che fotografano una situazione preoccupante per la città.
Giovani con valigia pronta per andare via
La questione gira soprattutto su un punto: la mancanza di lavoro. Le nuove generazioni, come quelle dei decenni precedenti, sono spinte a lasciare la propria città. Il motivo risiede nelle scarse possibilità di trovare un lavoro stabile e ben retribuito. Spesso chi decide di andare via ha una laurea nelle mani e non ha intenzione di scendere a compromessi, sprecare anni di studio e impegno, accontentandosi di una bassa retribuzione. Un doppio danno per la città, che forma i propri giovani per poi perderli in favori di altre città, soprattutto del nord del Paese. Le politiche nazionali e regionali degli ultimi decenni non hanno lasciato il segno, così le migrazioni verso le ricche regioni del Nord e anche verso l’estero sono riprese in maniera significativa spopolando le città oltre che i piccoli centri dell’interno.
Protocollo Asp e Save the Children: più servizi ai bambini per incentivare le nascite
Più servizi rivolti ai bambini e alle famiglie. Una sinergia tra enti e associazioni per fornire un aiuto concreto ai nuclei familiari e magari sperare attraverso risposte più efficienti di far sollevare i dati della natalità che consegnano il quadro di un territorio vecchio. Una presa in carico che avvicina con ruoli diversi l’Azienda sanitaria provinciale e l’associazione Save the Children la più grande organizzazione internazionale indipendente che lavora per migliorare la vita dei bambini nel mondo. Certo è una goccia nell’oceano ma lo spirito è quello di incrementare i servizi in un contesto sociale che conta ritardi nel sostegno alle famiglie.
Del resto il Pnrr incoraggia, anche attraverso lo stanziamento di risorse finanziarie, lo sviluppo di percorsi di presa in carico territoriali integrati sociosanitari e educativi, favorendo l’accesso a servizi di supporto come le Case di Comunità, le Case della salute e i Consultori familiari, anche allo scopo di evitare un uso improprio dei presidi clinici specialistici, come gli ospedali, per promuovere un’assistenza sanitaria territoriale efficace e capillare.
Un protocollo che impegna le parti a promuovere, sviluppare e consolidare opportunità e iniziative di coprogettazione e collaborazione destinate alla creazione di presidi/sportelli ospedalieri sul modello di Fiocchi in Ospedale, all’interno di strutture sanitarie di ampio afflusso (centri nascita, case della salute, case di comunità) identificati in base a disponibilità e necessità, a partire dai presidi spoke di Locri e Polistena che sono già mobilitati nel lavoro integrato del Polo socioeducativo di Locri; la partecipazione di un rappresentante dell’ASP al Tavolo territoriale di il Buon inizio della Locride, che è parte integrante del progetto Polo integrato per l’infanzia, e rappresenta un luogo concreto di lavoro congiunto tra diversi attori istituzionali, politici, rappresentanti dei servizi pubblici sanitari, sociali e educativi; la realizzazione di attività formative specificamente dedicati ai primi 1000 giorni, per ampliare le competenze di infermieri di comunità e personale sanitario operativo presso centri nascita e/o consultori familiari e/o ambulatori integrati e/o categorie professionali coinvolte nella presa in carico precoce di bambine e bambini (pediatri di libera scelta, personale delle ostetricie e neonatologie e TIN). E ancora: mettere a disposizione del programma tutti i materiali di progetto, le linee guida elaborate in altri contesti territoriali, le risorse di rete professionale e di partnership della Rete Zero-Sei, mettere a disposizione del Programma la metodologia di presa in carico integrata implementata nei programmi Fiocchi in Ospedale, Spazio Mamme e Per Mano, con l’adozione anche dei percorsi personalizzati e l’erogazione di doti di cura per le famiglie in condizioni di particolare fragilità.
Le imprese nella morsa della crisi: 2023 apre con il segno meno. I dati della Camera di Commercio
Il registro anagrafico del primo trimestre del 2023 segna un segno meno. Si perdono 68 imprese. Un debutto preoccupante per il tessuto imprenditoriale reggino disgregato dalle mille difficoltà dell’emergenza prima sanitaria e poi economica del Covid. Le vicende del conflitto e l’aumento dei costi ha fatto il resto. A dirlo sono i dati snocciolati dal presidente della Camera di Commercio, Ninni Tramontana.
«Nel corso del primo trimestre 2023 il sistema imprenditoriale reggino ha registrato una leggera battuta d’arresto, con un numero di cessazioni d’impresa superiore alle nuove iscrizioni e un numero di imprese sostanzialmente invariato rispetto al corrispondente dato del I trimestre 2022. Diminuiscono soprattutto le società di persone e le ditte individuali, mentre sono incoraggianti i dati relativi alle imprese più organizzate, gestite con la forma di società di capitali che registrano un +3% rispetto al primo trimestre 2022. A preoccupare di più – prosegue il presidente Tramontana – è la contrazione delle imprese commerciali e di quelle manifatturiere; le prime in particolare rappresentano circa il 34 % del tessuto imprenditoriale locale e dunque la crisi che impatta su questo settore, produce dei riflessi importanti su tutta l’economia del territorio. A loro dobbiamo guardare dunque con particolare attenzione, mettendo in atto politiche per l’innovazione ed interventi di supporto, per affrontare al meglio situazioni di difficoltà come quelle determinate ad esempio dal preoccupante fenomeno inflazionistico».
Un dato che però in termini assoluti registra un saldo positivo. Perché se il 31 dicembre del 2017 il numero delle imprese è di 52469 (rappresentano il 28,2% delle imprese registrate in Calabria), al 31 dicembre del 2021 il totale è di 54200. Un trend che a piccoli e timidi passi è comunque costantemente cresciuto in questi anni. Un elemento per niente scontato in un contesto dal tessuto economico disgregato. Un fermo immagine che i rapporti dell’economia elaborati dall’Ente camerale fotografa tra alti e bassi, confermando il terziario come elemento chiave dell’economia e registrando delle buone performance delle imprese femminili, ma non giovanili. Passando all’analisi delle caratteristiche degli imprenditori nel 2021 si evidenzia un calo delle imprese giovanili che si attestano a 6.476 unità, nel 2017 erano 7490. Ma nel primo trimestre del nuovo anno pare che sia arrivato un segnale positivo con un saldo di 68 nuove aziende tra natalità e mortalità. Le imprese a titolarità straniera confermano un trend costante che oscilla attorno alle 5 mila aziende che rappresentano il 9% del tessuto imprenditoriale.
Procedendo per gradi. Nel 2017 le imprese reggine iscritte al Registro camerale sono 52.469, lo 0,9% in più rispetto alla stessa data del 2016. Lo stock delle imprese registrate è cresciuto in un anno ad un ritmo analogo a quello rilevato a livello regionale (1,0%) e di macro area (+0,9%), e superiore a quello nazionale (0,3%). Il boom arriva nel 2018 quando la Città metropolitana arriva in vetta alla classifica regionale quanto a numerosità del tessuto imprenditoriale. Il quadro riferito al 2019 registra un numero di imprese iscritte alla Camera di Commercio di circa 53mila (il 28,3% di quelle regionali).
I dati del 2020 sono quelli del Covid. Con la fine del primo lockdown generale e dei successivi lockdown parziali, molte attività sono state sospese e tante altre faticano ad andare avanti. I riflessi di questa incredibile pandemia si protrarranno per lungo tempo e gli effetti che la stessa avrà sul tessuto imprenditoriale difficilmente possono essere quantificati in questa fase.
Nonostante i dati relativi ci restituiscano un quadro poco confortante, al 31 dicembre 2020, il sistema imprenditoriale reggino risulta costituito da 53.429 imprese (+0,8% rispetto all’anno precedente). Il motivo per cui, nonostante la crisi pandemica e le restrizioni al libero esercizio delle attività produttive, il numero di imprese registrate presso il registro delle imprese sia cresciuto, deriva soprattutto dal ridimensionamento delle cessazioni d’impresa (ridottesi del -22,8% rispetto al 2019). I ristori, la cassa integrazione guadagni e le altre misure poste in essere, infatti, hanno spinto molte imprese in crisi strutturale a ritardare la chiusura nell’attesa che gli strumenti di sostegno all’imprenditoria si esauriscano. Allo stesso tempo, anche le iscrizioni si sono ridotte notevolmente (da 2.567 a 2.222), ma non abbastanza da rendere il saldo negativo. Anche nel 2021 il saldo è positivo, l’area reggina ha registrato 54.200 imprese con un saldo anagrafico pari a 898 imprese. La crescita più consistente di imprese rispetto al 2020 è registrata nel settore della sanità con un +4,0%, seguita dalle attività finanziarie (+3,5%) e professionali, scientifiche e tecniche (+3,5%) e dal settore dell’istruzione (+3,3%).
La buona notizia: dopo la pandemia riparte il turismo
Nel 2021 si è avviata la ripresa del settore turistico nel Paese, dopo l’eccezionale contrazione del 2020. L’analisi dei flussi turistici del territorio della Città Metropolitana di Reggio Calabria mostra un netto aumento dei viaggiatori (+29,3%) rispetto allo stesso periodo del 2020, trainato dalla componente straniera (+45,4%) rispetto a quella italiana, comunque in aumento (+28,1%). Alla crescita del numero dei viaggiatori registrato si associa un incremento del numero di pernottamenti nelle strutture ricettive del territorio, passati dai 258 mila del 2020 ai 316 mila del 2021 (+22,6%), dato in crescita ma ancora al disotto dei livelli del 2019.
Il quadro della distribuzione delle imprese mostra una prevalenza del comparto del commercio con 18.693 imprese (34,5% del totale), seguito dal settore agricolo, dalle costruzioni (10,7% del totale) e dal manifatturiero (6,9% del totale). La crescita più consistente di imprese rispetto al 2020 è registrata nel settore della sanità con un +4,0%.
Il ruolo dell’Ateneo nelle dinamiche migratorie degli under 20: l’Università Mediterranea un argine per trattenere i giovani
Le valige subito dopo la maturità. Un fenomeno che ha visto un crescendo in questi anni. I ragazzi che scelgono di andare via per cercare più opportunità lavorative o formative poi è difficile che tornino, anzi spesso sono i genitori a seguirli magari raggiunta la pensione. In Italia, negli ultimi 10 anni, si è registrata una forte variazione a livello regionale degli iscritti all’Università: sono aumentati al Nord, (con il Piemonte che incassa in +23%) mentre calano al Sud (con l’Abruzzo che registra un pesante -30%). Il quadro presentato dall’Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, alla Camera dei Deputati, mette a confronto il biennio 2011-12 con quello 2021-22.
Un fermo immagine che conferma l’impoverimento non solo di residenti ma di risorse preziose. Un quadro in cui l’Università Mediterranea potrebbe rappresentare un argine. La presenza dell’Ateneo è per il territorio un valore aggiunto e la costante crescita dei successi scientifici e anche sociali della Mediterranea lo confermano. Una percezione che viene ribadita dal rettore, Giuseppe Zimbalatti: «L’Università si pone come elemento di elevazione culturale per i nostri giovani diplomati che hanno la possibilità non solo di acquisire un titolo ma anche di guadagnare una professionalità che sicuramente contribuirà alla loro migliore occupazione possibile, non necessariamente fuori dal territorio regionale. E comunque ci sono tanti vantaggi oltre a quello di non essere costretto ad emigrare fuori regione, con tutte le conseguenze dapprima economiche per le famiglie. Sicuramente nessuno vuole mettere confini, ne limiti, ma è anche vero che in molti casi la scelta di studiare nella propria città è di assoluta convenienza».
Un investimento per moltiplicare le opportunità in questi anni la Mediterranea l’ha compiuto
«Si è arricchita l’offerta formativa oltre alle linee classiche Architettura, Ingegneria, Agraria, Giurisprudenza ed Economia, con il polo umanistico, lauree che fanno capo a Scienze umane. Tra qualche giorno si celebreranno le prime lauree in Scienze della formazione primaria, laurea abilitante che porterà i neo laureati a proiettarsi da subito nel mondo del lavoro». Gli indirizzi salgono a 25 (12 corsi di laurea triennale di cui tre inter-ateneo con l’università Magna Grecia di Catanzaro, 11 corsi di laurea magistrale biennale con 1 inter-ateneo e 3 di laurea magistrale quinquennale a ciclo unico. Complessivamente si profilano 50 percorsi formativi di primo e secondo livello. Due i corsi in corso di accreditamento iniziale negli ambiti di Architetture e design e Scienze umane. Si tratta, rispettivamente, di Design per le culture Mediterranee e Programmazione e gestione di servizi educativi per minori. La nuova offerta formativa si completa con numerosi percorsi di formazione post laurea, tra i quali 5 corsi di Dottorato di Ricerca e 5 Master nelle varie aree. Presenti inoltre la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali e il corso di Formazione per il conseguimento delle Specializzazioni per le Attività di Sostegno Didattico agli Alunni con Disabilità (Tfa).
E i risultati di queste scelte iniziano a maturare. «Nell'ultimo anno le immatricolazioni sono cresciute, quasi il 4%, segno che la struttura si muove». E considera il rettore «i dati Almalaurea tanto sulla soddisfazione degli studenti che sul livello occupazionale sono di assoluto rilievo e confortano le nostre attività».
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