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Le ’ndrine di Siderno dietro i traffici di cocaina a Trieste

L’operazione antidroga sfociata ieri in 14 arresti: decisivo il contributo dei finanzieri infiltrati sotto copertura. La droga sequestrata avrebbe fruttato 70-80 milioni di euro

C’è anche un gruppo calabrese legato alle ’ndrine di Siderno, secondo gli inquirenti, coinvolto nell’ennesima operazione contro il narcotraffico internazionale sfociata ieri in 14 arresti tra Italia e Colombia, che si aggiungono ai 7 già eseguiti in flagranza di reato, in seguito alle indagini condotte dalla Guardia di Finanza di Trieste, con il coordinamento della Dda, che hanno portato al sequestro di oltre 7 quintali di cocaina e 700mila euro in contanti.

Sono pari a circa 70-80 milioni di euro gli introiti sottratti alla rete criminale, una cifra che i trafficanti avrebbero potuto ottenere una volta che i 717 chili di cocaina pura, provenienti dalla Colombia e sequestrati dalle forze dell’ordine, sarebbero stati tagliati. Il dettaglio emerge dall’operazione “Cultro 23”, le cui misure cautelari riguardano, tra gli altri, 4 persone già in carcere e 5 cittadini colombiani, per i quali è stato disposto un mandato di arresto europeo; verranno inoltre attivate le procedure di estradizione. Quattro i gruppi individuati in Italia: «Un gruppo francese con doppio passaporto franco-marocchino; un gruppo campano, con un soggetto che dovrebbe essere contiguo al clan Mazzarella; un gruppo calabrese, persone che già da evidenze processuali sono state condannate per associazione a delinquere perché componenti di ’ndrine del clan di Siderno; un gruppo svizzero, di cui per ora è stato solo individuato il mediatore colombiano», ha spiegato il colonnello Leonardo Erre, comandante del nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Trieste.
Nell’ambito dell’operazione, cominciata lo scorso dicembre con il sequestro della droga in Colombia, sono state documentate consegne dello stupefacente per tre mesi. Agenti sotto copertura svolgevano un ruolo di logistica: custodivano la droga e la consegnavano. Per il “disturbo” si facevano dare del denaro, pari a circa al 10% del valore della merce. Da qui i 700mila euro sequestrati e messi a disposizione dello Stato.

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