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San Luca, “Birrificio Polsi”: genio o sacrilegio?

Le argomentazioni di favorevoli e contrari al progetto del Gal, da realizzare accanto al Santuario nel cuore dell’Aspromonte. C’è chi scorge un paradosso in vecchi divieti («la carne di capra sequestrata»), chi ironizza sulle strade («gli operai andranno al lavoro in elicottero?»). E chi vede un’occasione di lavoro e di riscatto sociale

La notizia è di quelle che in paese, a San Luca, non poteva certo passare inosservate. A Polsi, cuore pulsante del mitico Aspromonte e centro mariano della pietà popolare, si vuole impiantare un “birrificio sociale“, inclusivo e solidale. Non si tratta di una fake news o di un sogno destinato a rimanere tale, ma di una idea maturata nella direzione stessa del Santuario, “sposata” del Gal Terre Locridee nell’ambito del Pal “Gelsomini”, misura 6.2.1: progetto a sostegno di nuove attività di diversificazione dell’economia rurale.
L’idea – geniale per qualcuno, sacrilega per altri – di impiantare una fabbrichetta che produca birra, per la quale il Gal ha previsto un finanziamento di 50 mila euro, rischia però di cozzare con la particolarità del pio luogo, nel quale negli anni passati, a cavallo dei Duemila, si è fatto di tutto per separare l’area sacra da quella mercatale. Perché a Polsi la preghiera e il silenzio dovevano prevalere su tutto il resto, e servire a tutelare e valorizzare la forza e la bellezza della fede, e in particolare della pietà popolare mariana.

La presenza di uno stabilimento per la produzione della birra all’interno dell’area sacra rischia di sconvolgere l’habitat naturale di Polsi, e a San Luca molti fanno notare che l’idea matura proprio nell’anno in cui al santuario è stata smantellata l’area mercatale e in alcuni giorni di punta in alcune aree del Santuario, è stata addirittura vietata la vendita di birra in bottiglia».
«La birra sarà prodotta in lattina o sarà imbottigliata nel vetro?» Queste e tante altre domande circolano tra i cittadini di San Luca, pur nel rispetto della legittimità di un progetto che potrebbe dare buoni risultati sul piano sociale ed economico. Così almeno la pensa il primo cittadino Bruno Bartolo: «Ben venga ogni iniziativa che può creare nuove opportunità di lavoro», dice.
Giuseppe Strangio, un devoto di professione avvocato che appena può stacca la spina e si reca al Santuario, è ancora più chiaro: «Si tratta di un fatto positivo sotto il profilo economico e sociale, purché venga mantenuto l’impegno d’impiegare soggetti svantaggiati, come inoccupati di lungo corso, ex detenuti, persone in difficoltà, senza che alla fine si dica: tu non puoi lavorare perché hai precedenti penali o sei sorvegliato speciale».

E Strangio va oltre: «Per non perdere la tradizione sarebbe auspicabile che si realizzasse in loco anche la cantina sociale dove realizzare il vino della Madonna, utilizzando l’uva o il mosto offerto dai devoti. D’altronde tanti anni fa c’erano i procuratori che andavano in giro per i paesi a chiedere le merci per il refettorio del santuario, come vino, olio, grano, formaggio».
Francesco Pelle primo presidente di “San Luca Illustrato”, non è invece convinto della bontà del nuovo progetto: «Polsi deve continuare ad essere regno di speranza e di preghiera per i devoti, calabresi e non. Un’attività, seppur solidale, porterebbe a uno squilibrio del luogo e del territorio. E vero che in alcuni monasteri i monaci si ingegnano a produrre birra, ma a Polsi chi si occuperà di farlo? E che ne sarà dell’aspetto ecologico, considerando che ogni anno vengano riversati rifiuti in modo incontrollato dagli stessi pellegrini? Sappiamo che queste cose funzionano bene sulla carta, ma nei fatti saranno completamenti diversi. Polsi lo lascerei nella pace della valle e il birrificio lo farei altrove, magari in altre località montane del comune».
Non mancano le battute originali, come quella di un giovane studente di Giurisprudenza: «Prendiamo il lato positivo: ci sarebbero preti sempre con il sorriso!». Scettico come lui, qualche altro fedele che preferisce restare anonimo, parla di «sistema impazzito» e di «un modo per fare bottega».

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