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Reggio, il pizzo, il fuoco e la denuncia: la drammatica testimonianza dell’imprenditore Herbert Nunzio Catalano

Non servivano minacce o violenza per farsi dare i soldi. Bastava chiedere un contributo «per mettersi a posto» e poter lavorare in pace, per «dare una mano alle famiglie dei carcerati», e gli imprenditori come Herbert Nunzio Catalano pagavano. Senza fiatare. A cadenza più o meno regolare, i caporioni o i loro “giannizzeri” si presentavano per farsi pagare il pizzo. Un copione andato in scena per anni, fino a quando Catalano si avvicina alla Fai, Federazione antiracket italiana, e decide di tagliare i ponti con la cosca Libri. Un cambio di atteggiamento che provoca, secondo l’imprenditore, un’immediata reazione degli uomini della cosca Libri: i modi pacati si trasformano in freddezza, le minacce diventano reali come il fuoco che, il 2 dicembre 2022, viene appiccato al deposito aziendale della “Tecnoappalti Italia srl” di Catalano nella frazione di Gallina.

Nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip distrettuale di Reggio Calabria, nell’ambito dell’operazione “Atto quarto”, emergono i particolari delle sommarie informazioni rese dall’imprenditore reggino alla Dda la sera stessa dell’incendio e 21 dicembre 2022. «Catalano - si legge nelle carte - tratteggiava dettagliatamente la genesi e l’evoluzione della sua esperienza imprenditoriale, dispiegatasi prevalentemente nel settore delle infrastrutture stradale». L’imprenditore afferma che «dopo il recente danneggiamento incendiario subito il 2 dicembre presso il deposito della mia azienda a Gallina, sono stato sentito dai carabinieri della locale stazione e confermo le dichiarazioni rese in quella sede, salve le precisazioni che in data odierna ho effettuato nel corso di altra escussione presso questi uffici». Catalano, si evince dalla lettura dell’ordinanza, dal 2015 inizia una collaborazione con due imprenditori titolari di una società, che gli affittano il deposito di Gallina. «A partire dal 2015 – scrivono gli inquirenti - gli emissari della mafia locale si erano presentati nei cantieri (di Catalano ndr), per rivendicare il pagamento del pizzo…Nel 2016, si era verificato un evento che aveva rappresentato una sorta di spartiacque nei rapporti tra l’imprenditore e i rappresentanti delle ‘ndrine. Catalano, infatti, era stato avvicinato da Domenico (Mimmo) Pratesi, che gli aveva presentato Antonio (Totò) Libri che - da lì in avanti - avrebbe fatto da referente per tutte le famiglie mafiose: “mi si presentò - racconta Catalano - tale Totò Libri, era un ragazzo abitava poi nella zona Sant’Anna… mi disse lui è il fulcro di tutte le famiglie di Reggio e quindi sarà lui da questo momento in poi l’interlocutore, a lui dovrai chiedere, cioè dovrai dare conto di quello che fai”».

Da quel momento, secondo quanto sostengono gli inquirenti, «Catalano aveva erogato al Libri, a titolo di “messa a posto”, somme variabili tra i 500 e i 1000 euro che venivano richieste (secondo il più tipico canovaccio di ‘ndrangheta) per il sostentamento dei detenuti). “Iniziai a vederlo – aggiunge Catalano al pm Walter Ignazitto che raccoglie la sua deposizione – in corrispondenza di alcune… che poi sono le date di mietitura classica, quindi a Pasqua e a Natale. E in queste circostanze lui formalizzava la richiesta che… per quello che potevo insomma cercavo di corrispondere proprio per smorzare questi problemi… parliamo di somme di 500 euro, 1000 euro… mi venivano chieste… proprio a titolo di aiuto alle famiglie dei carcerati questa era la frase classica… erano finalizzare al fatto che questo mi consentiva di poter lavorare senza avere… la classica messa a posto”». Nel 2018, Antonio Libri «sentendosi braccato dalle forze dell’ordine - continuano gli inquirenti – e volendo limitare le occasioni di sovraesposizione, chiedeva a Catalano di rapportarsi - per la corresponsione del pizzo - con i Polimeno di Gallina, ovvero Demetrio (detto Mico o Mimmo) Polimeno ed il figlio Domenico, soggetti imparentati con i Quattrone. C’era stato pertanto un passaggio di consegne». A questo riguardo Catalano spiega che «questa è una difficoltà aggiunta perché tra virgolette loro, la loro richiesta era quasi una cortesia che mi facevano, nel senso che faceva da tramite, quasi si scocciavano a venirmi a chiamare per dirmi ricordati che c’è questo impegno che devi assolvere…E questo è successo in un arco temporale, diciamo tra il 2017 e il 2020. Io ho trovato un appunto». L’appunto citato da Catalano è una sorta di libro mastro nel quale l’imprenditore appunta tutti i pagamenti estorsivi che avrebbe pagato da 2015 al 2020. In quella data, Catalano aveva iniziato a frequentare le associazioni antiracket, trovando il coraggio di opporsi alla richieste estorsive «suscitando il palese risentimento di Demetrio e Domenico Polimeno».

Ferro: complimenti a Polizia e Procura

«Congratulazioni alla Squadra Mobile della Questura di Reggio Calabria che con questa operazione ha arrestato 28 persone e sequestrato 11 imprese. L’indagine, coordinata dalla Dda guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri, ha dimostrato l’attualità della cosca Libri e i suoi rapporti con i clan De Stefano e Tegano, e ha evidenziato ancora una volta come l’attività di alcuni imprenditori fosse funzionale agli interessi delle cosche». Lo afferma la sottosegretaria all’Interno Wanda Ferro (Fdi), che prosegue: «È importante rilevare come, a fronte di chi grazie ai rapporti con le cosche si arricchiva e traeva vantaggi, che grazie a questa operazione si sono rivelati del tutto effimeri, ci sono imprenditori onesti che hanno avuto il coraggio di denunciare, rafforzando la capacità di risposta da parte dello Stato a tutela dell’economia sana e della libertà dei cittadini perbene. Una fiducia che le istituzioni hanno ripagato».

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