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“Atto Quarto” a Reggio, le aziende alle dipendenze del clan Libri

Diversi imprenditori sono finiti in carcere o ai domiciliari e le loro società sequestrate. In stretti rapporti con i boss, godevano del loro appoggio per imporsi sul mercato

Le cosche di 'ndrangheta di Reggio Calabria continuano a dettare legge in città, nonostante i numerosi colpi inferti dalla procura antimafia. Anni di inchieste, storici esponenti di spicco finiti in galera e vertici dei clan decapitati, non hanno fermato le cosche. Anzi, queste «hanno avuto la capacità di mantenere la propria operatività, rigenerandosi e accrescendo la loro egemonia criminale sul territorio stretto in una morsa soffocante, nei suoi settori strategici». Partono da questa considerazione i magistrati della Dda nella parte di ordinanza di “Atto quarto” dedicata ai concorrenti esterni, in particolare quegli imprenditori che con il loro appoggio avrebbero permesso alle cosche di continuare a infiltrare l’economia sana della città.
La procura ha chiesto e ottenuto dal gip distrettuale l’arresto di Nunzio Magno, Antonino Pirrello e Giovanni Zema, e il sequestro delle loro aziende. Secondo i magistrati i tre indagati «sono risultati in affari, in collusione» con i membri del clan Libri finiti nell’operazione “Atto quarto”, «nonostante alcuni di loro abbiano addirittura avuto contezza di indagini in corso sul conto degli esponenti della consorteria con i quali si interfacciavano e sui loro rapporti con tali contesti: una messa a disposizione che consentiva alla cosca di essere operativa in determinati settori, di realizzare costantemente i propri interessi economici».
Tra gli imprenditori finiti nei guai c’è anche Giovanni Chirico, titolare dell'impresa “CG Gluten Free... e, non solo”, azienda per il commercio all'ingrosso non specializzato di altri prodotti alimentari, bevande e tabacco. «Dall'analisi delle conversazioni intercettate – si legge nell’ordinanza - sia emerso come, tramite l'impresa individuale di Chirico, i Libri imponessero le forniture dei prodotti da bar agli esercizi commerciali, in particolare al bar "Le Vele"».
«Appare dunque evidente - sottolineano i magistrati - come l'impresa… abbia, da un lato, tratto linfa vitale dall'appartenenza di Chirico al sodalizio criminoso, ramificando il proprio ambito di operatività presso esercizi commerciali ai titolari dei quali veniva impedito di scegliere liberamente il proprio fornitore, nonché, da altro lato, funto da strumento indispensabile per l'espansione della forza economica della cosca Libri e per l'affermazione del suo monopolio mafioso sul territorio di riferimento».

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