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'Ndrangheta, inchiesta “Atto Quarto”: le cosche capaci di mantenere l’operatività “rigenerandosi” sul loro territorio

Quadro d'accusa pesante come un macigno per i 28 indagati dell'inchiesta “Atto Quarto” colpiti da una misura cautelare (23 in carcere, 5 ai domiciliari). La scure della Procura antimafia abbattutatisi (principalmente) su capi e gregari della ’ndrina Libri è stata condivisa con fermezza dall'Ufficio Gip. Nelle 1227 pagine dell'ordinanza si evidenziano anche le ragioni a sostegno dell'esigenza della misura cautelare. Contestazioni gravi al gruppo, per la condivisione di strategie criminali e, per una nutrita rappresentanza di indagati, per la recidività nella commissione dei reati: «I fatti per le loro concrete modalità di estrinsecazione, unitamente valutati alle biografie giudiziarie degli indagati (dall'analisi delle quali emerge come molti di loro annoverino precedenti penali per fatti analoghi a quelli per i quali si procede) sono sintomatici di un loro stabile inserimento in contesti delinquenziali di tipo mafioso ed impongono di ritenere come siano concrete ed attuali le esigenze cautelari».
Anche la Corte Suprema di Cassazione sorregge questa prospettiva accusatoria introducendo il tema della riconducibilità alle “mafie storiche”: «Quando si riconoscano i gravi indizi di colpevolezza della partecipazione ad una “mafia storica” (ovvero alla mafia siciliana, alla camorra, alla ’ndrangheta ed alla sacra corona unita). In questo caso l'attualità e la concretezza del pericolo cautelare devono ritenersi sono impliciti nella verifica della ragionevole probabilità di colpevolezza per la partecipazione al consorzio criminale».
Altro aspetto è «l'attuale operatività» della cosca nel mirino del pool antimafia e della Squadra Mobile: «Essendosi nel caso di specie peraltro in presenza di una contestazione in forma c.d. “aperta”, fondata sull'attuale operatività della cosche Libri e De Stefano-Tegano (tra le ’ndrine più influenti e radicate di Reggio Calabria che vantano alleanze criminali con gli storici “casati” della ’ndrangheta), confermata dai più recenti contributi dei collaboratori di giustizia e dai recenti contributi dichiarativi di imprenditori taglieggiati. Si è visto invero come le cosche di ’ndrangheta analizzate nel corso della trattazione, nonostante i numerosi colpi inferti dalla giustizia nel corso degli anni, che portavano alla carcerazione di storici esponenti di spicco, abbiano avuto la capacità di mantenere la propria operatività, rigenerandosi ed anzi accrescendo la loro egemonia criminale sul territorio stretto in una morsa soffocante, nei suoi settori strategici».

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