In carcere a Reggio, nel plesso “San Pietro” e nell'istituto “Arghillà”, entrano da sempre coltelli, rudimentali quanto perfettamente efficaci per un agguato dalle conseguenze fatali. La conferma arriva da uno stralcio della recente testimonianza in Tribunale dell'ex vicecomandante della Polizia penitenziaria, Sergio Aldo Floresta. Intervenuto nel processo per la presunta sequenza di favoritismi e corsie preferenziali riservati a un manipolo di detenuti eccellenti. Rispondendo alle domande del Pm Sabrina Fornaro e del Tribunale collegiale (presidente Greta Iori, giudici a latere Marco Cerfeda e Elsie Clemente) ha rivelato il ritrovamento di un coltello e il piano di «un regolamento di conti» tra detenuti all'interno delle carceri: «Allora, praticamente, la questione riguarda il ritrovamento di un coltello rudimentale, che era avvenuto durante una perquisizione; le perquisizioni che avvengono giornalmente ogni mattina nel reparto detentivo, era stato rinvenuto un coltello rudimentale, fabbricato, se ricordo bene, tramite una bomboletta del gas, utilizzando l'alluminio, il metallo della bomboletta del gas, era stato creato un coltello rudimentale ed era stato nascosto dietro un quadro nella zona diciamo dei corridoi del piano di sopra del reparto, se ricordo, comunque, quindi, comunque, in un locale diciamo accessibile a tutti i detenuti, così come a tutto il personale, e non all'interno di una singola camera detentiva».
Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Reggio
Caricamento commenti
Commenta la notizia