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La catena salvavita è... itinerante. Così oggi la sanità nella Locride

Nell'ospedale di Locri macchinari obsoleti e diagnosi negate. Mammoliti: «Perché tutti tacciono?»

Assume ormai cadenza quotidiana il “bollettino” degli episodi di sanità “itinerante”, figlia dei frequenti viaggi che le (poche) ambulanze disponibili sono costrette a compiere per trasportare i pazienti da un ospedale all’altro del territorio metropolitano, al fine di compiere esami e accertamenti che non è possibile fare al nosocomio “cosiddetto spoke” di Locri.
Il presidente dell’associazione “Tribunale dei Diritti del Malato e del Cittadino” Pino Mammoliti torna a denunciare quanto accaduto nella serata di venerdì, quando «a seguito di un incidente stradale con feriti verificatosi a Bianco – ha scritto – una sola ambulanza ha dovuto trasportare tre persone all’ospedale di Locri. Giunti al nosocomio per le cure del caso – ha proseguito l’avvocato locrese – hanno dovuto intraprendere un altro viaggio verso l’ospedale “Santa Maria degli Ungheresi” di Polistena perché la Tac non funzionava e la Risonanza magnetica non si poteva fare perché il macchinario non ha le schede necessarie a effettuare l’esame».
Dunque, la “triangolazione” Locri-Polistena del servizio di emergenza-urgenza del 118 si ripete quotidianamente, spesso “si completa” concludendosi al Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria, che da “hub” della sanità provinciale si sta via via trasformando come (quasi) unico approdo per i pazienti di tutto il territorio metropolitano, quantomeno per la maggior parte dei degenti della Locride.

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