«L'impianto motivazionale della sentenza, nelle parti oggetto della presente impugnazione, si caratterizza per un errore metodologico di fondo: il cattivo governo della regola dell'oltre ragionevole dubbio. Con reiterata ostinazione, infatti, il Collegio non ha escluso affatto la ricostruzione probatoria proposta da questo Ufficio, ritenendola, tuttavia, insufficiente ad affermare la responsabilità degli imputati, senza farsi carico di verificare l'effettiva consistenza della ricostruzione alternativa affermata, talvolta senza neppure proporne una, sicchè in siffatti casi, l'assoluzione è stata giustificata per un'affermata insufficienza genetica della prova che stride con la quantità e qualità degli elementi dimostrativi, messi a disposizione del Giudice». È questo l'incipit del ricorso della Procura di Reggio, a firma del sostituto procuratore Salvatore Rossello e del procuratore aggiunto Stefano Musolino, contro la sentenza e le assoluzioni disposte dal Tribunale di Palmi nel processo ordinario “Eyphemos”, la retata della Squadra Mobile che ha colpito la dinastia di ’ndrangheta degli Alvaro leader nel quadrilatero aspromontano reggino Sinopoli, Sant'Eufemia, Cosoleto e San Procopio e ramificazioni ed interessi economici all'estero, Australia e nord America soprattutto. Si prospettano numeri da maxi processo in Corte d'Appello a Reggio Calabria: sono 51 le posizioni per le quali il pool antimafia, diretto dal procuratore Giovanni Bombardieri, ha chiesto di mandarli a processo. Tra questi spicca l'ex sindaco di Sant'Eufemia in Aspromonte e consigliere regionale della Calabria, Domenico Creazzo, assolto al termine del dibattimento di primo grado (la richiesta di condanna era stata pesante come un macigno secondo le conclusioni del Pubblico ministero: 16 anni di reclusione), ribaltando le pesanti convinzioni degli inquirenti e l'accusa sostenuta nei suoi confronti: scambio elettorale politico-mafioso.
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