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Tortura nel carcere di Reggio? «La presenza passiva» dei 6 agenti prosciolti

I motivi della sentenza del Gup: «Dalla videosorveglianza si vede chiaramente come restano sempre fermi»

Prosciolti «perché gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna». È questa la motivazione con cui il Gup di Reggio Calabria, Vincenzo Quaranta, ha dichiarato «non luogo a procedere» nei confronti di sei agenti di Polizia penitenziaria in servizio alle carceri reggine “San Pietro” dove il 22 gennaio 2023 sarebbe stato pestato, e sottoposto a tortura, un detenuto napoletano. Sentenza che la Procura ha appellato; e disposto il processo (il via davanti al Tribunale collegiale di Reggio il prossimo 20 novembre) per l'ex comandante e cinque agenti penitenziari, oltre a un medico ed un infermiere (avendo secondo gli inquirenti affermato il falso «ostacolando e sviando le indagini in ordine al pestaggio del detenuto»).
Per il Gup di Reggio i sei agenti non hanno usato violenza seppure presenti nelle incandescenti fasi della presunta sopraffazione fisica e morale: «Si deve evidenziare come sia provato che gli stessi non abbiano in nessun momento della gestione operativa compiuto atti di violenza in danno del detenuto; risulta come non abbiano nemmeno minimamente sfiorato il Peluso dal punto di vista fisico». Presenti, operativi nell'adempiere alle direttive del loro comandante, ma non violenti: «Per gli imputati prosciolti vi è la sola partecipazione alle fasi operative, una presenza passiva, talora più vicini ai punti in cui il Peluso veniva colpito dai loro colleghi e talora a distanza da tali punti».

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