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Reggio Calabria, lo scempio del Palazzo di Giustizia deteriorato e saccheggiato dai ladri

L’analisi dei tecnici del governo sulle condizioni disastrose dell’opera mai ultimata

Il cantiere è fermo in pratica dal 2011. Un lunghissimo stop che non solo ha comportato la mancata realizzazione di un’opera pubblica importantissima per la città, ma la fase di stallo ha portato al deperimento di parte delle opere eseguite e la pesante vandalizzazione del cantiere. La cessione dell’area dal Comune all’Agenzia del demanio ha messo il pallino in mano al ministero e la possibilità che il nuovo Palazzo di giustizia venga finalmente concluso non pare più una chimera. La parte formale del passaggio è stata eseguita lunedì scorso in Corte d’appello, con la presenza del viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto. I due anni e mezzo previsti dai tecnici del ministero per la consegna dell’opera vanno presi con le pinze: siamo in Italia, anzi in Calabria, e per esperienza ogni previsione sulla costruzione di un’opera pubblica va sempre presa per quello che è: una previsione, appunto.
Dopo anni di discussioni, polemiche e carte bollate, però, la cosa importante è che alla fine si inizi a vedere una luce in fondo al tunnel e la città potrà avere un nuovo Palazzo di giustizia dopo decenni di attesa.
È molto interessante, però, avere un’idea di cosa abbiano comportato anni di abbandono sull’opera e sul cantiere.
A raccontarlo, lunedì mattina, è stato l’ingegnere Giovan Battista Pasquariello, tecnico dell’Uta della Presidenza del Consiglio dei ministri. «È stato difficile mettere in esecuzione tutto quello che non è stato fatto e tutto quello che abbiamo scoperto negli ultimi sei-sette mesi. Come progettisti - ha riferito il tecnico - la prima operazione che abbiamo dovuto fare è stato quantificare lo stato di degrado, di valdalizzazione dell’area e la grande mole di rifiuti. Una situazione assurda che ha riguardato soprattutto degli impianti elettrici e meccanici che sono stati devastati: per sfilare dei piccoli filamenti di rame gli impianti sono completamente distrutti. Ognuno di quegli impianti ha un costo di circa 300mila euro. Questi sono danni, per esempio, che abbiamo dovuto ripristinare in fase di progettazione e che hanno fatto lievitare di circa un terzo l’importo dei lavori».
Per completare l’infrastruttura serviranno circa 60 milioni di euro. Nei costi rientrerà anche il rifacimento della struttura bioclimatica, cioè quella copertura metallica che sta al centro e copre la corte. Questa struttura, ha spiegato Pasquariello, «non è a norma perché all’epoca non è stata eseguita correttamente. La progettazione, però, porta oggi l’opera ad essere eseguibile. Prevediamo di terminare nell’arco di un paio d’anni, massimo due anni e mezzo. Entro la metà di questo mese contiamo di mandare a gara l’appalto e tra sei mesi pensiamo di avere l’operatore economico».
I tecnici dispensano ottimismo sulla buona conclusione della vicenda: «Dal 2011 il cantiere è fermo. Si sa che ci sono stati due appaltatori e due rescissioni contrattuali con un’area completamente abbandonata che ora lo metteremo in moto».

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