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'Ndrangheta a Reggio, i Borghetto-Latella e il patto di ferro con le comunità rom

Associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco, spaccio e traffico di sostanze stupefacenti, usura. Queste le accuse contestate a vario titolo ai destinatari delle misure cautelari eseguite stamani da militari del comando provinciale della Guardia di Finanza nelle Province di Reggio Calabria, Agrigento, Cosenza, Messina, Milano e Roma, nei confronti di 27 persone nell’ambito dell’operazione denominata «Garden». L’ordinanza, emessa dalla sezione Gip del Tribunale reggino, su richiesta della locale Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia, diretta da Giovanni Bombardieri, ha portato in carcere 25 persone e all’esecuzione di altre 2 misure. Contestualmente, è stato eseguito il sequestro preventivo di un’imbarcazione, immobili, una società agricola, diversi terreni e varie autovetture. L’operazione costituisce l’epilogo di un’indagine, coordinata dalla locale Procura ed eseguita dal G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Reggio Calabria, che avrebbe consentito di provare l’esistenza di un sodalizio criminale egemone principalmente nel quadrante sud di Reggio Calabria. L’operatività della cosca di 'ndrangheta Borghetto-Latella, oggetto di investigazioni - per decenni non del tutto autonoma, in quanto articolazione satellite della storica cosca Libri - avrebbe conquistato, nel tempo, con le modalità tipiche delle associazioni mafiose, il controllo delle attività criminali ed economiche di un’ampia zona di Reggio Calabria, coincidente con i quartieri di Modena, Ciccarello e San Giorgio Extra.
Il potere mafioso esercitato dal clan sui territori interessati, garantito anche dalla disponibilità di veri e propri arsenali militari e da continui atti intimidatori e violenti, si sarebbe consolidato anche attraverso un’imponente attività estorsiva, monopolizzando vaste sacche commerciali ed economico-imprenditoriali, nonchè numerose piazze, con espansioni anche fuori dalla città di Reggio Calabria. A riprova dello spessore criminale del clan smantellato, la frase con cui un esponente di spicco appartenente ad un’altra famiglia della 'ndrangheta reggina indica la famiglia Borghetto-Latella come «la corona della nostra testa»

Il capo-cosca, secondo quanto emerso dalle indagini, sarebbe assurto a tutti gli effetti ai vertici del "Mandamento" di 'ndrangheta di Reggio Calabria, rivestendo un ruolo apicale nelle gerarchie mafiose, di dispensatore di doti e cariche organizzative, nonchè di programmatore delle ripartizioni dei proventi illegali fra il suo sodalizio e le altre 'ndrine della città. L’attività investigativa ha confermato, peraltro, l’esistenza di un legame sempre più profondo e sinergico tra la 'ndrangheta della provincia reggina e pericolosi esponenti di gruppi criminali appartenenti alle comunità nomadi.

Le comunità rom

Sulla base degli elementi raccolti, ed in linea con quanto già giudiziariamente accertato nell’ambito di altri processi celebrati nel distretto reggino, sarebbe emerso un nuovo e pericolosissimo volto della 'ndrangheta che, pur di perseguire i propri lucrosi scopi, ampliare la potenza economica, rafforzare le fila militari e il controllo sul territorio, sarebbe giunta a stringere patti gravissimi con le comunità nomadi, avvalendosi della stabile collaborazione dei loro più temibili esponenti. In tal senso, le indagini avrebbero consentito di appurare che l’organizzazione si sarebbe avvalsa - specialmente per il compimento delle più efferate attività criminali, come reati in materia di armi, di droga e, alla bisogna, anche di condotte violente - delle locali comunità rom, non solo asservendole a sè, ma anche in forza di un ormai necessario «do ut des». In questo modo, tali comunità sarebbero state non solo legittimate sul territorio, ma, fatto ancor più grave ed inedito secondo gli inquirenti, avrebbero conquistato uno spazio di autonomia e libertà delinquenziale di estrema pericolosità sociale mai goduto prima e che, senza la protezione di cosche storiche e potenti, altrimenti non avrebbero potuto avere.

L'usura

Ulteriore terreno di operatività criminale della cosca sarebbe, da sempre, anche l’usura. I vertici, infatti, si sarebbero dedicati a tale attività illecita, anche grazie ai proventi derivanti dell’intenso traffico di stupefacenti. Numerosi, inoltre, sono gli episodi estorsivi registrati ai danni di imprenditori reggini. Peraltro, l attività d’indagine ha portato al rinvenimento di un vero e proprio arsenale, costituito da decine di armi, anche da guerra, tra mitragliette, fucili e pistole, perfettamente funzionanti e con relativo munizionamento, nonchè di un ordigno esplosivo dalla potenza micidiale, il cui possesso non sarebbe giustificabile se non da finalità criminali di tipo mafioso.

 

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