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Il ferimento a Reggio, Mangiola: «Mi hanno sparato sul parabrezza», ma la “Multipla” risulta integra 

«L'arma da sparo, utilizzata da distanza ravvicinata, è certamente uno strumento idoneo a provocare con una certa facilità la morte dell'aggredito; gli spari sono stati esplosi ad una ridotta distanza ed hanno pertanto mantenuto una significativa forza offensiva; i colpi sono stati esplosi in direzione del volto e del capo della vittima, punto vicino a parti vitali, determinando una copiosa perdita ematica e mettendo a repentaglio la vita del Mangiola». Ufficio di Procura e Gip hanno condiviso su questi specifici punti il quadro d'accusa, chiaro e forte, a carico dei due indagati del tentato omicidio ai danni di Carmelo Gioele Mangiola. Rispondono «in concorso tra loro e e con altri soggetti allo stato non identificati» i due destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere: il 50enne Emilio Minniti, arrestato dalla Guardia di Finanza dopo due mesi in cui si erano perse le sue tracce, e il complice 44enne, anche lui di Reggio, ad oggi irreperibile.
Sulla vicenda, sottolineata in sede di interrogatorio dai difensori di Minniti, gli avvocati Giulia Dieni e Antonio Germanò, pende una sorta di giallo del parabrezza dell'autovettura a bordo della quale giravano la mattina del 13 ottobre scorso in via Ravagnese i due presunti aggressori. Per Gioele Carmelo Mangiola chi ha sparato verso di lui l'ha fatto dall'autovettura; e i colpi di pistola che l'hanno ferito «al volto e al collo» hanno frantumato il parabrezza. Ma dai rilievi della “Scientifica” il parabrezza della “Multipla”, effettivamente in uso ai due indagati, risulta integro. Nessuna lesione.

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