Non solo Alessio Peluso, il detenuto napoletano picchiato nelle carceri reggine di via San Pietro il 22 gennaio 2022 per cui sono a processo davanti al Tribunale collegiale l'allora comandante e cinque agenti della Polizia penitenziaria. Nell'informativa a firma del vicequestore aggiunto della Polizia di Stato, funzionario della Squadra Mobile che ha coordinato il principale pool di investigatori, emergerebbe la diffusa contrapposizione tra i detenuti di origine campana e la Polizia penitenziaria. Anche questo dato è stato affrontato nel dibattimento avviato dal primo step della testimonianza resa all'Aula bunker del vicequestore aggiunto Valenti.
Nella stessa informativa sono incluse le denunce sporte dai familiari di altri tre detenuti napoletani nei giorni immediatamente successivi alle gravi violenze che avrebbe subito Alessio Peluso. Su input del marito Patrizio, la signora consegna ai Carabinieri il racconto-sfogo del coniuge: «“Le guardie ci menano, ci maltrattano, ci minacciano, ci dicono che noi campani dobbiamo subire di tutto da parte di calabresi e siciliani. Che noi dieci detenuti campani non abbiano diritti, che dobbiamo fare tutto quello che ci dicono di fare e se non lo facciamo ci portano in un posto isolato, ci mettono una corda alla gola e ci ammazzano. E della nostra morte riferiranno che ci siamo suicidati, quindi se mi succede qualcosa non credete che io mi voglia ammazzare».
Denuncia che lo stesso detenuto Patrizio ripeterà al Pubblico ministero Sara Prezzan: «“Non subisco solo io, subiamo solo noi detenuti campani, ce l'hanno a morte con noi, chiama tutte le mogli degli altri detenuti andate a denunciare quello che noi subiamo. Andate anche dagli avvocati per favore aiutateci perchè ci fanno piangere, ci fanno di tutto. Per favore aiutateci».
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