E’ una Calabria in chiaroscuro quella che emerge dalla lettura del Piano di Rete Oncologica regionale pubblicato sul Burc numero 70 dello scorso 2 aprile. Una terra in cui a dispetto delle condizioni epidemiologiche di partenza favorevoli e i cui dati di mortalità standardizzati sono più bassi di quelli della maggior parte delle altre regioni (unitamente ai dati più bassi in Italia per consumo eccessivo di alcol e tabagismo), per un malato di tumore curarsi diventa sempre più difficile e si preferisce compiere i “viaggi della speranza” in strutture del nord, con tutti i disagi che comportano.
Serve un’inversione di rotta, rispetto a una realtà che, analizzata alla luce degli scarsi dati disponibili nel registro tumori regionale (o meglio, nella somma dei registri in parte operativi) patisce ancora parecchi ostacoli, specie in vista della definizione razionale degli assetti.
Tra le poche certezze, infatti, una migrazione sanitaria dei pazienti oncologici calabresi che supera il 40% e programmi di screening molto carenti. La logica conseguenza è la strategia messa in campo nel piano, che prevede innanzitutto la messa a regime del programma di screening regionale per le tre tipologie ricomprese nei livelli essenziali di assistenza, ovvero mammella, cervice uterina e colon retto. Prevenzione primaria e secondaria, dunque, intendendo per la prima l’utilizzo dei vaccini per prevenire determinate neoplasie, mentre la seconda si riferisce agli strumenti messi a disposizione dalle Asp per gli esami che possono rivelare la presenza di malattie in embrione. E poi, sempre nell’ottica della prevenzione, il necessario sviluppo del registro tumori, al fine di valutare direttamente e in maniera dettagliata gli andamenti a livello regionale.
Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Reggio
Scopri di più nell’edizione digitale
Per leggere tutto acquista il quotidiano o scarica la versione digitale.
Caricamento commenti
Commenta la notizia