Fase nevralgica del dibattimento “Libro nero”, il processo nato dall'inchiesta della Procura antimafia che ha colpito le gerarchie di vertice della cosca Libri e i presunti collegamenti e sinergie con il mondo della politica e delle professioni cittadine. In Tribunale collegiale (presidente Greta Iori, giudici a latere Marco Cerfeda ed Elsie Clemente) sullo scranno dei testimoni, citati dal pool antimafia, si è esaurito esame, e controesame, del collaboratore di giustizia Enrico De Rosa. Prossima udienza dedicata ancora all'escussione di un collaboratore reggino: all'Aula bunker è prevista l'audizione in videoconferenza di Roberto Moio.
Uomo di fiducia di Nino Caridi (ai vertici delle 'ndrine di San Giorgio Extra, Modena e Ciccarello), Enrico De Rosa è stato da sempre etichettato come “l'immobiliarista dei clan”. Da esperto del settore era consulente negli affari criminali legati al mattone. Lui stesso ripercorre la sua militanza mafiosa (verbale di udienza del febbraio scorso) sollecitato dalla domanda del procuratore aggiunto Walter Ignazitto: «Questo percorso precedente alla collaborazione, l'ha portata a relazionarsi, mi dica se è così, con esponenti invece della ‘ndrangheta reggina. Ha avuto contatti, relazioni, cointeressenze?». De Rosa: «Sì, perché, appunto, quando iniziai a lavorare, sviluppai un’attività, che poi ebbe anche dei risvolti abbastanza fiorenti nel settore immobiliare. Quindi, mi occupavo di compravendita di immobili, e anche di complessi residenziali, che poi venivano messi in vendita. Nell'espletare questa attività, entro in contatto in primo luogo con il boss Nino Caridi, che era il boss del quartiere dove io vivevo con la mia famiglia».
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