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Locri, niente domiciliari: la “scafista” Marjan Jamali resta in carcere

La decisione del Tribunale sulla giovane iraniana, mamma di un bimbo di 8 anni, sbarcata a Roccella e ora sotto processo

Niente arresti domiciliari. Continuerà, infatti, a rimanere nel carcere di Reggio Calabria, nonostante il rinvio a giudizio e l’inizio del processo dibattimentale fissato per il 17 giugno a Locri, la presunta scafista iraniana Marjan Jamali, 29 anni, mamma di un bambino di 8, vittima, a suo dire, di false accuse rivoltele da alcuni migranti ad ottobre scorso dopo l’arrivo nel Porto di Roccella di circa 100 profughi provenienti dalla Turchia a bordo di una barca a vela. Accusatori, questi, che, tra l’altro, dopo aver messo nei guai la giovane, sono spariti, rendendosi irreperibili. La sezione collegiale del Tribunale di Locri, presieduta dal dott. Rosario Sobbrio, ha, infatti, rigettato la richiesta di concessione degli arresti domiciliari presentata dal legale di fiducia della giovane iraniana, l’avv. Giancarlo Liberati, confermando, quindi, la custodia cautelare in carcere.
Nella sua richiesta di concessione dei “domiciliari” a favore della sua cliente, l’avv. Liberati aveva motivato la sua istanza con «l’infondatezza delle accuse mosse a carico di Marjan Jamali; dalla esiguità e inidoneità delle prove a disposizione dell’accusa e dalla documentazione; la lamentata violazione dei principi di proporzionalità, concretezza e adeguatezza, di cui all’art. 274 c.p.p.; da ultimo, la dichiarata insussistenza delle esigenze cautelari poste a fondamento della misura». Nel rigettare la richiesta avanzata dalla difesa, i giudici del Tribunale di Locri, invece, hanno «ritenuto che, nel caso di specie, non sono rinvenibili nuovi elementi di influenza sulle esigenze cautelari, stante la circostanza che non è stata ancora svolta alcuna attività processuale e che, comunque, non è emerso alcun “novum” avente risvolti sui requisiti richiesti dagli art. 273 e ss. c.p.p. ai fini della misura in atto» e tali, quindi, da «considerare l’adozione e l’idoneità di misure meno afflittive».

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