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Gioia Tauro, Port Agency: niente proroga. In 63 ufficialmente disoccupati

La vertenza sempre più intricata. Appello a Occhiuto: «Siamo noi la tua Calabria»

Circa 63 persone, giovani, padri di famiglia, meno giovani prossimi alla pensione, figli di un territorio in cui la criminalità non cerca altro che vi sia fame di lavoro, da oggi sono ufficialmente disoccupate o, per usare un termine più efficace, sono in mezzo ad una strada.
La Gioia Tauro Port Agency, bacino istituito nel 2017 per assorbire i licenziamenti di massa praticati dal vecchio management del terminalista container Mct e, nel tempo, utilizzato per i picchi di lavoro nello scalo, anche da parte del settore automotive, dopo ben 81 mesi è formalmente cessata di esistere, in assenza di ulteriore proroga da parte del governo centrale. Ciò non significa comunque che non si stia lavorando alla ricerca di soluzioni o che non vi siano spiragli all’orizzonte. Lo sanno bene e ci sperano soprattutto la trentina di operai, ex ditte portuali Mariba ed All Service ma anche, seppur in numero minore, ex Mct, che da giorni stanno manifestando pacificamente davanti ai cancelli dell’Autorità di sistema portuale dei Mari Tirreno Meridionale e Ionio, abituati per come sono da oltre vent’anni ad attraversare le intemperie della precarietà.
I dipendenti dell’Agenzia, ormai esodati, da lunedì si sposteranno al gate d’ingresso dello scalo, seguendo passo dopo passo tutti gli sviluppi della spinosa vicenda al vaglio anche della Prefettura. Il movimento dichiaratosi autonomo e cioè non aderente a sigle sindacali, rappresentato dal gioiese Francesco Infantino, ieri mattina ha esposto uno striscione rivolto al presidente della Regione, Roberto Occhiuto, dal messaggio chiaro e diretto («Le nostre famiglie sono la tua Calabria…») con l’intento di sollecitare un intervento risolutore dell’esponente forzista.

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