A Scilla il racket del pesce spada, l'imposizione del pescato del giorno e di prodotti tipici locali (pane compreso), i tentativi di infiltrazione nella gestione del Comune mettendo nel mirino, soprattutto, le concessioni demaniali previste nel piano spiaggia, le tangenti a costruttori ed imprenditori che si erano aggiudicati gli appalti pubblici: tutti i principali temi d'accusa dell'inchiesta “Nuova linea”, la retata della Procura antimafia e dell’Arma dei Carabinieri di Reggio Calabria che ha colpito le generazioni moderne dell’asse di ’ndrangheta “Nasone-Gaietti” che storicamente domina a Scilla, sono state sviluppate nel corso di sei udienze nel dibattimento che si sta celebrando davanti al Tribunale collegiale.
Primo teste della Procura antimafia il capitano Giovanbattista Marino, all'epoca dei fatti comandante della seconda sezione del Nucleo Investigativo del Comando provinciale Carabinieri di Reggio Calabria e deus ex machina della task-force investigativa di “Nuova linea”.
Sollecitato dalle domande del Pubblico ministero Nicola De Caria il teste ha iniziato ad illustrare input ed evoluzione dell'attività investigativa: «Io partirei con una ricostruzione generale del quadro emerso nelle investigazioni, che hanno principalmente coinvolto diciamo l'area della Costa Viola reggina. Segnatamente avevano inizio sull'area del Comune di Scilla, e partivano diciamo per fotografare quella che era l'attuale operatività della consorteria di ‘Ndrangheta, denominata Nasone-Gaietti; la cui esistenza, come riferirò approfonditamente, era stata già censita dai processi Cyrano e Alba di Scilla. E quindi vederne l'attuale operatività, e diciamo indagarne l'attuale composizione, all'epoca delle investigazioni; chi ne faceva parte e i rapporti con altre consorterie, che sono stati effettivamente censiti.
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