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Reggio, la lotta intestina nella ’ndrangheta per la definizione del nuovo capo della “locale” di Gallico

Sono le tre indagini parallele - “Malefix”, “Metameria” e “Nuovo Corso” - a comporre il gravissimo quadro d'accusa del processo “Epicentro”. Dalla mano pesante del Gup, che ha inflitto ben 55 condanne con punte che hanno toccato i 23 anni di reclusione, alle severe conclusioni rassegnate dalla Procura generale nella requisitoria che, oltre a cinque marginali rimodulazioni, ha sostanzialmente chiesto la conferma in blocco della sentenza di primo grado. Tra i temi d'accusa sviluppati con una straordinaria dovizia di argomentazioni nella memoria depositata in Corte d'Appello dal procuratore aggiunto Walter Ignazitto, dai sostituti antimafia Giovanni Calamita e Francesco Tedesco e dal procuratore generale Gerardo Dominijanni. Il primo troncone riguarda le fibrillazioni all'interno delle ’ndrine di Archi (operazione “Malefix”): «Già nell’aprile 2018 erano stati intercettati dialoghi - intercorsi tra noti esponenti della ndrangheta reggina - che davano atto delle allarmanti frizioni insorte. La tensione che ne era scaturita aveva assunto livelli preoccupanti per l’assetto degli equilibri mafiosi reggini, tanto che l’esperto Edoardo Mangiola, conversando con il capo della cosca Libri, si proponeva di tenersi a debita distanza da tali beghe interne al sodalizio arcoto, ben consapevole che un diretto coinvolgimento in simili dispute poteva esporli a gravi conseguenze giudiziarie. Non sfuggiva agli interlocutori, infatti, che la vera ragione che animava il conflitto intestino al gruppo di Archi era connessa alle ambizioni del Molinetti di ottenere la reggenza del locale di Gallico».

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