C’è anche una tappa locridea nella carriera costellata di successi della tennista Jasmine Paolini, che ieri ha conquistato la finale a Wimbledon, traguardo storico per il tennis femminile italiano. Correva l’anno 2013 e, il 17 agosto, l’allora diciassettenne promessa del tennis italiano (all’epoca numero 819 del ranking mondiale) batteva in finale la francese Jade Svrijn (numero 560) col punteggio di 6-1; 7-5 al trofeo internazionale “Città di Locri”. E che avesse davanti a sé un futuro radioso il folto pubblico del Garden Tennis Club “Giulio Riccio” lo aveva capito subito, incantato dal gioco d’attacco di quella che, all’epoca, aveva tutta l’aria della ragazzina terribile. Già, perché mentre nel primo set non ci fu storia, nel secondo quella “Gianburrasca” in gonnella, non risparmiò energie alla ricerca di colpi a effetto quando, sul 5-1, manifestò chiaramente l’intenzione di chiudere il match con colpi spettacolari, senza badare ad amministrare il risultato. La solidità e la regolarità del gioco dell’avversaria transalpina (agli antipodi rispetto al tennis della Paolini) le permisero di raddrizzare le sorti della seconda partita, tanto da portarsi sul 5-5, costringendo la lucchese a cambiare registro e a optare per un gioco più concreto che le servì a chiudere la partita sul 7-5 con meno colpi a effetto, tanto che la palla del match giunse da un errore della francese. E chissà se a margine di questi pomeriggi di gloria e successi sul green londinese, Jasmine Paolini avrà ripensato a quel torneo della Calabria ulteriore di undici anni fa, quando in riva alla Jonio ci si appassionava al grande tennis, in quell’unico torneo col montepremi da diecimila dollari riconosciuto dalla Federazione Italiana Tennis da Napoli a Palermo. Di certo, da queste parti può contare su migliaia di tifosi che ricordano ancora quella serata agostana in cui, con un fisico meno potente e i capelli raccolti sotto la visiera, riceveva una coppa voluminosa e pesante. Quasi come un’insalatiera!