Sapevano di essere nel mirino della Procura antimafia e temevano di restare incastrati in una delle retate a ripetizione che continuavano a minacciare i clan di Scilla. E contestualmente non nascondevano ansie e timori per la decisione di Carmelo Cimarosa di “saltare il fosso” e collaborare con la giustizia dopo aver trascorso anni a condividere dinamiche e progetti di criminalità nella Costa Viola. Capi e gregari delle cosche “Nasone-Gaietti”, già colpiti dall'operazione “Lampetra”, erano effettivamente sotto la lente di ingrandimento dei magistrati del pool antimafia reggino e dei Carabinieri del comando provinciale di Reggio: gli stessi che saranno arrestati nell'operazione “Nuova linea”.
Le fibrillazioni interne ai clan di Scilla sono state ripercorse in Tribunale dal capitano Giovanbattista Marino, all'epoca dei fatti comandante della seconda sezione del Nucleo investigativo del Comando provinciale Carabinieri di Reggio Calabria e coordinatore della task-force investigativa.
In dibattimento l'ufficiale dell'Arma ha ripercorso tensioni e preoccupazioni che gli indagati spifferavano nelle chiacchierate intercettate: «Temevamo per i numerosi omissis che avevano letto nell'ordinanza Lampetra. E quindi c'era chi spiegava che questi erano passaggi coperti da segreto, e quindi c'erano altre indagini in corso». Uno degli indagati sbuffa: «Lampetra - poi c'è una parte incomprensibile - perché un po' - incomprensibile - capisci? Ora dovremmo vedere perché - incomprensibile - tutto qua ci sono omissis”».
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