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Giochi e scommesse all’ombra dei clan: “La ’ndrangheta reggina si infiltrava nelle svariate reti commerciali”

Le inchieste della Procura distrettuale antimafia “Gambling” e “Galassia” hanno svelato uno dei più moderni filoni criminali: «La ’ndrina supportava ed agevolava la distribuzione dei prodotti e servizi offerti dall’associazione a delinquere a danno dei concorrenti»

Fiumi di denaro strappati al Fisco e finiti nelle mani della ’ndrangheta reggina. Dei clan di Archi soprattutto, ma con ruoli ed interessi «importanti» di esponenti delle cosche di Rosarno. Per anni gruppi vicini o «espressione diretta» della ’ndrangheta hanno monopolizzato una fetta del voluminoso circuito delle scommesse e dei giochi sportivi on line. Centinaia di agenzie sbucate dal nulla nel breve volgere di una manciata di mesi, tutte estranee ai circuiti nazionali, legali e autorizzati, con sede fiscale e responsabilità giuridica all'estero - Malta in primis - di fatto nelle mani della mafia reggina. Uno scenario svelato da due inchieste - Gambling” e “Galassia” - condotte dalla Procura distrettuale antimafia di Reggio con task force interforze. In sinergia operativa con l'Arma dei Carabinieri, delle Guardia di Finanza, della Polizia di Stato e del centro operativo Dia.

Crocevia reggino

Base operativa e regia criminale a Reggio ma proiezioni d'affari in mezza Europa. Precisa la tesi accusatoria del pool antimafia reggino: «L’associazione, che controlla società in Austria, in Spagna e in Romania ed è attiva con una base stabile a Malta, in passato ha operato utilizzando anche licenze delle Antille olandesi, di Panama e della Romania; mutava la propria sede di interessi a seconda del Paese più conveniente dal punto di vista fiscale, mantenendo però sempre il centro decisionale e operativo a Reggio Calabria». Con la benedizione delle cosche.

Arresti e sequestri di beni

Numeri da capogiro dietro la maxi-retata Gambling, scattata all'alba del 22 luglio 2015: nel dettaglio il Gip di Reggio dispose 28 misure cautelari in carcere, 13 agli arresti domiciliari e 6 misure tra divieto di dimora ed obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria; e contestualmente firmò il sequestro di 11 società estere, 45 imprese operanti sul territorio nazionale, 1500 punti commerciali, 82 siti nazionali e internazionali e innumerevoli immobili, il tutto per un valore stimato pari a circa 2 miliardi di euro. Sei indagati furono estradati qualche giorno dopo il blitz da Malta, dove operavano e si erano di fatto trasferiti proprio per tirare le fila dell'imperioso business illecito, all’Italia a cura dell’Interpol ed in esecuzione di un mandato d'arresto europeo.

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