Reggio

Mercoledì 15 Gennaio 2025

Gioia Tauro, «Non sono un’imprenditrice mafiosa»: lo sfogo della D’Agostino dopo la confisca

«Mi chiamo Maria D’Agostino e mi ritengo una vittima del sistema delle misure di prevenzione». Inizia con queste parole la lettera di denuncia con la quale la signora D’Agostino di Gioia Tauro protesta non solo (o non tanto) contro la confisca di beni che è stata effettuata alla sua famiglia, ma soprattutto con la tempestività della comunicazione della stessa misura da parte delle forze di polizia e magistratura. Il marito della donna, Antonio Gerace, è coinvolto nell’operazione della Dda denominata “Geolia” contro il clan Piromalli. L’uomo è sotto processo per intestazione fittizia e concorrenza sleale. Il Tdl ha escluso per Gerace l’associazione mafiosa. Nella missiva della D’Agostino c’è non solo risentimento per una misura considerata «ingiusta», ma anche nei confronti di un sistema (quello delle prevenzioni) definito «perverso» che «anche in assenza di prove e mentre ti stanno facendo il processo, sulla base di semplici elementi di sospetto, un Tribunale speciale, che non valuta prove ma sospetti... può disporre il sequestro e la confisca dei tuoi beni. La donna precisa che «il provvedimento non è altro che un provvedimento fotocopia di quello emesso durante l’estate del 2022. Davvero curioso che solo ora ci si prodighi a pubblicare una notizia priva di qualsiasi attualità perché inerente provvedimento gemello di altro emesso a carico mio e di mio marito, che con grandi sacrifici avevamo costruito la nostra attività, “il forno di Francesco Pio” a Gioia Tauro. In secondo luogo – aggiunge - si segnala che questo provvedimento non è assolutamente definitivo in quanto, come quello del 2022, sarà appellato dai miei legali innanzi la Corte d’appello di Reggio Calabria. La confisca dunque è di primo grado e non è un provvedimento definitivo». Dopo la premessa, la signora entra nel merito della contestazione: «La mentalità ‘ndranghetista – scrive - mi fa schifo ed è quanto di più distante dalla mia persona, cosa risaputa da chi mi conosce da sempre; non conosco e non ho mai avuto a che fare con alcuno ritenuto appartenente alla cosca Piromalli a qualsiasi altra cosca ed ho fatto sacrifici immensi insieme a mio marito ed ai miei figli per avviare il nostro panificio, nel massimo rispetto della legalità; per quanto mi risulta non sono mai stata nemmeno indagata nel procedimento Geolia; pur non condividendoli e contestandoli nelle sedi opportune, ho sempre rispettato i provvedimenti di sequestro emessi dall’autorità giudiziaria con i quali mi è stata sottratta la gestione del forno. Ciò detto, mi sarei aspettata un contegno diverso da parte di chi gestisce in nome e per conto dello Stato, della legalità e della collettività tutta, nonché da parte di chi procede». «Alla prima esecuzione del sequestro mi sono state sottratte tutte le risorse, anche i conti correnti personali. Mi è stata negata ogni cosa in attesa della definizione del giudizio. Da anni faccio fronte alle necessità mie e del mio nucleo familiare chiedendo aiuto a parenti e amici in attesa della definizione dei processi. Non credevo e non credo tuttora di meritare di essere additata come imprenditrice mafiosa»

leggi l'articolo completo