Le crisi idriche continueranno a flagellare la Calabria anche negli anni a venire se non si interviene con massicci investimenti sulle infrastrutture. Si dovrebbe partire dall’efficientamento degli invasi esistenti o dalla costruzione di nuove dighe. E, soprattutto, puntare su nuovi interventi che sono più compatibili con l’ambiente e più economici, come la ricarica controllata della falda acquifera. Perché il problema in Calabria, detto in modo poco tecnico, non è tanto la mancanza d’acqua in sé, ma come la stessa viene accumulata e gestita. Il problema, come spesso accade, viene affrontato tentando di gestire l’emergenza, ma questo è solo un palliativo non una soluzione.
Giovanni Andiloro, segretario dell’Ordine dei geologi della Calabria e componente della Commissione risorse idriche del Consiglio nazionale della sua categoria professionale, spiega invece come il problema dovrebbe essere affrontato. Le strade da percorrere dovrebbero essere due: efficientamento degli invasi esistenti e adattamento alle nuove condizioni climatiche. «Le grandi dighe in Calabria – dichiara Andiloro – rappresentano un patrimonio inestimabile per il territorio. Ad oggi 20 grandi dighe sono sotto la vigilanza e controllo del Rid (Registro italiano dighe), distribuite sul territorio regionale: 12 sono in esercizio normale senza condizioni di limitazioni e 3 con alcune limitazioni di invaso; 4 sono in esercizio sperimentale; una, infine, fuori esercizio temporaneo (quella del Lordo di Siderno). Per quanto riguarda gli usi prevalenti, 10 sono ad uso idroelettrico, 8 ad uso irriguo e 2 ad uso idropotabile.
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