Un tradizionale segno di potenza. Soldi e armi non devono mancare mai ad una ’ndrina che si rispetti. «Così avveniva anche a Scilla» sostengono gli inquirenti di “Nuova linea”, l'operazione della Procura antimafia e dei Carabinieri che ha messo nuovamente spalle al muro capi e gregari delle gerarchie moderne dei “Nasone-Gaietti”. Uno scenario investigativo ripercorso in Tribunale, nel dibattimento che si sta celebrando con rito ordinario, dal capitano Giovanbattista Marino, nei mesi dell’attività investigativa comandante della seconda sezione del Nucleo investigativo del Comando provinciale Carabinieri di Reggio Calabria. Dai verbali di udienza ricostruiamo le dinamiche dei clan: «Il passaggio si fa ancora più eloquente, perché sostanzialmente sosteneva di possedere già delle armi, quindi dice: “Io ce le avevo, me le hanno trovate dietro le stalle i Cacciatori”, quindi io ce l’avevo, in relazione a calibro 7 e calibro 9, ce l’avevo le armi, me le hanno trovate dietro le stalle, quindi in un luogo ovviamente vicino a delle stalle, che poi vedremo qual è. I Cacciatori, il riferimento è chiaramente universalmente i Cacciatori, lo Squadrone eliportato, Cacciatori di Calabria, dei Carabinieri, che ha sede a Vibo Valentia, viene individuato e chiamato nel gergo comune, sia dagli appartenenti all’Arma dei Carabinieri, ma sia da tutti, i Cacciatori, quindi i Cacciatori, non sono i cacciatori che esercitano l’attività venatoria, sono i Carabinieri Cacciatori». Gli odiati segugi dello “Squadrone” straordinariamente capaci di localizzare e scoprire anche gli angoli ai più inaccessibili dell'Aspromonte e di passare al setaccio, rivoltandolo come un calzino, montagne e boscaglie a caccia di covi latitanti, distese di marijuana e nascondigli, spesso sottoterra, di armi da guerra.
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