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Mimmo Lucano, il processo va in Cassazione: le intercettazioni il “nodo” cruciale

Mimmo Lucano

Il processo “Xenia”, che ha nell’europarlamentare e sindaco di Riace Domenico Lucano il principale imputato, è stato fissato in Cassazione, davanti alla seconda sezione penale, all’udienza del 6 novembre. Il processo, che si fonda sull’indagine sul modello di accoglienza diffusa di Riace eseguita dalla Guardia di Finanza, e coordinata dalla Procura di Locri, si è concluso a Reggio Calabria l’11 ottobre dello scorso anno con la condanna di Mimmo Lucano a 18 mesi, con sospensione condizionale, solo per un’ipotesi di reato di falso, una sentenza che ribaltò la decisione del primo grado, con la condanna a 13 anni e 2 mesi. I giudici reggini come si ricorderà hanno assolto Lucano da tutti i principali reati contestati dalla Procura di Locri, che andavano dall’abuso d’ufficio al falso alla truffa aggravata, dal peculato all’essere il promotore di associazione per delinquere che avrebbe avuto lo scopo di commettere «un numero indeterminato di delitti contro la Pubblica amministrazione, la fede pubblica e il patrimonio», legati alla gestione dei progetti di accoglienza dei migranti.
Uno dei punti salienti delle motivazioni della sentenza dalla Corte d’appello reggina ha riguardato le intercettazioni contenute nell’indagine Xenia che «non erano (e non sono) utilizzabili nel caso di specie», col richiamo a una sentenza della Suprema Corte che aveva stabilito che «l’utilizzabilità delle intercettazioni disposte per altro reato è pur sempre subordinata alla condizione che il nuovo reato sia a sua volta autorizzabile venendo in rilievo un limite imposto dalla legge e non certo oggetto di creazione giurisprudenziale».
Avverso la sentenza dei magistrati reggini ha proposto ricorso la Procura generale di Reggio Calabria che ha impugnato la sentenza di assoluzione chiedendo la riforma della decisione del secondo grado, sostenendo, in sintesi, che le intercettazioni sarebbero invece utilizzabili contro Lucano ed altri imputati che erano stati assolti Si tratta di Abeba Abraha Gebremarian, Giuseppe Ammendolia, Assan Balde, Fernando Antonio Capone, Oberdan Pietro Curiale, Cosimina Ierinò, Oumar Keita, Annamaria Maiolo, Salvatore Romeo, Lemlem Tesfahun, Filmon Tesfalem e Jerry Tornese.

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