
Ventitré condanne e sei assoluzioni. Questa la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria che, nella serata di ieri, ha deciso in merito alle posizioni dei 30 imputati coinvolti nel processo nato dall’inchiesta “Handover” contro le cosche Pesce e Bellocco di Rosarno.
Tre degli imputati condannati in primo grado avevano deciso di non impugnare la sentenza di primo grado, mentre uno è deceduto.
I giudici di piazza Castello, in parziale riforma della sentenza del gup distrettuale, hanno condannato Antonino Pesce (classe ’92) a 20 anni, Rocco Pesce 20 anni, Savino Pesce (classe ’63) 10 anni e quattro mesi, Domenico Bellocco (classe ’80) 6 anni e otto mesi, Gioacchino Bonarrigo 9 anni e otto mesi, Giuseppe Cacciola 11 anni e 4 mesi, Carmine Giuseppe Cannatà 9 anni e quattro mesi, Salvatore Consiglio 6 anni e otto mesi, Luca Fedele 3 anni, Giuseppe Ferlazzo 1 anni e quattro mesi, Giuseppe Ferraro 10 anni, Salvatore Ferraro 4 anni e cinque mesi, Giovanni Grasso 10 anni e otto mesi, Pasquale Loiacono 8 anni, Francesco Benito Palaia 4 anni e cinque mesi, Domenico Preiti 2 anni.
Confermate le condanne di primo grado per Antonio Alessi 6 anni, Rocco Bellocco 6 anni e otto mesi, Domenico Bellocco (classe ’80) 8 anni, Giovan Battista Cacciola 12 anni, Salvatore Corrao 1 anno e otto mesi, Cristian Pagano 9 anni e quattro mesi, Antonino Pesce (classe ’91) 20 anni, Vincenzo Pesce 16 anni.
La Corte d’appello ha invece assolto Marco Alviano, Michele Fabio Cimato, Antonio Megna, Rocco Morabito, Savino Pesce (classe ’89), Giuseppe Saladino. Tutti erano stati condannati in primo grado anche a pene pesanti. Infine, i giudici hanno condannato gli imputati al pagamento delle spese legali al Comune di Rosarno, che si è costituito parte civile nel processo.
Le accuse mosse dalla Procura antimafia di Reggio Calabria sono, a vario titolo, associazione mafiosa e traffico di droga. Ma non solo: nell’inchiesta “Handover-Pecunia olet” (due parallele indagini del pool antimafia) condotta in sinergia da Polizia, Carabinieri e Guardia di finanza si contestano anche l'aggiudicazione degli appalti nel porto di Gioia Tauro, l'imposizione del pizzo sulle compravendite di terreni, le infiltrazioni nella grande distribuzione alimentare.

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