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Reggio, processo "Sbarre". Pusher sequestrato e torturato, dal carcere ritratta le accuse

In Corte d’Assise d’appello la lettera di una delle giovanissime vittime. «In carcere ingiustamente, ero solo un bambino: voglio giustizia e queste persone non meritano questo, non me lo perdonerei mai»

Ritratta le accuse uno dei due giovani pusher che sarebbero stati sequestrati, picchiati e torturati per aver rubato una manciata di dosi di stupefacenti dalle riserve della gang della droga che operava tra i ruderi degli ex rioni Guarna e Caridi, nel cuore del quartiere Sbarre. Dal carcere, dove è ancora oggi recluso, ha scritto una lettera alla Corte d’Assise d’Appello del processo “Sbarre” che si avvia alla sentenza di secondo grado dopo una sfilza di condanne, buona parte delle quali pesanti come un macigno, inflitti dal Gup.

S.P. oggi ha 21 anni, ma quando vuotò il sacco contro chi l’avrebbe preso in ostaggio e seviziato per riavere indietro le “bustine” di cocaina rubate, di anni ne aveva 13, forse 14. Due ragazzini lui e il complice. Nell'ultima udienza, la lettera è stata portata alla luce delle difese. Tre pagine in cui S.P. si rimangia tutte le gravi accuse sostenute indicando una nuova verità «le vere motivazioni di questa situazione». Parte da lontano: «Ero solo un bambino con una situazione familiare molto complicata. E nel 2017 ho avuto una semplice lite con dei miei coetanei. Nei confronti di Chillino Luigi, Gabriele Foti e Annuar di nazionalità marocchina, ho confermato le dichiarazioni che aveva fatto mia madre, per paura anche perchè ero solo un ragazzino con problematiche. Di tale Andrea Foti lui mi ha solo dato un passaggio che io avevo chiesto e mi ha riportato a casa da mia madre. Mia madre aveva visto le mie condizioni poco gradevoli. E ha sospettato che fossero state queste persone. Intanto mia madre avvertiva le forze dell'ordine e venivo collocato presso la caserma dei carabinieri di viale Calabria al corrente della denuncia che mia madre aveva fatto. E mi hanno fatto tante domande a modo loro approfittandone della mia età e della mia ignoranza. Facendomi firmare carte senza sapere a cosa andavo incontro».

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