In quel pomeriggio di botte e violenze in carcere a Reggio, tra i corridoi e le celle del plesso “San Pietro” quando Alessio Peluso, un detenuto napoletano arrivato in Calabria da poche settimane dopo essere stato allontanato da diversi istituti penitenziari italiani proprio per le sue proverbiali caratteristiche di litigiosità e intemperanze, fu picchiato dagli agenti della Polizia penitenziaria costretti ad intervenire in forze, e con metodi particolarmente bruschi da fare ipotizzare agli inquirenti il reato di tortura, per rimettere ordine e riportare la calma tra i detenuti. E soprattutto nella nutrita pattuglia dei napoletani che seguivano come fosse un leade lo stesso Alessio Peluso.
Pomeriggio di violenza, era il 22 gennaio 2022, che ha portato a processo, in fase dibattimentale davanti al Tribunale collegiale, una dozzina di uomini della Penitenziaria tra cui il comandante dell'epoca.
Botte e violenze che effettivamente ci furono - ma sarà il dibattimento a stabilire eventuali e singole responsabilità - riprese dalle telecamere del circuito di videosorveglianza interno al “San Pietro”. Telecamere che gli agenti che nel plesso “San Pietro” ci lavoravano giorno e notte da anni sapevano benissimo ci fossero ed anche funzionassero. Un dato che ha voluto evidenziare l'avvocato Renato Russo nella fase del controesame del principale teste della Procura, il funzionario della Squadra Mobile Paolo Valenti che ha coordinato il pool di investigatori.
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